
Sono rimasto folgorato alla visione di "Persepolis". Semplicemente, si trattava di uno dei migliori film del 2007 e degli ultimi anni, Gran premio della Giuria a Cannes e nominato agli Academy Awards. Un film che, pur essendo opera d'animazione e di conseguenza connaturatamente volta all'intrattenere divertendo, fa riflettere e propone uno spaccato piuttosto fedele della Storia d'Iran degli ultimi 30 anni, dalla cacciata dello Scià (quando ancora di chiamava Persia) fino alla metà degli anni '90.
Ma procediamo con ordine.
Persepolis è un film tratto dalla omonima graphic novel di Marjane Satrapy, iraniana emigrata in Francia a causa della soffocante pressione della Repubblica Islamica. La protagonista della pellicola è la Stessa autrice, che narra la sua vita -ovviamente prendendosi delle "licenze" volte a sdrammatizzare il proseguo degli eventi-.
La vicenda prende il via nella Teheran del 1978 e ci presenta una Marjane ancora bambina che non vede l'ora di crescere e di diventare una Profeta di Allah (a tal proposito, si rivelano divertentissimi i dialoghi immaginari tra la ragazzina e il Dio, che però durante la crescita di Marjane deve vedersela per quanto concerne autorevolezza e importanza con Karl Marx). Ben presto la piccola verrà a contatto con il clima di sommossa e ribellione di quegli anni, soprattutto a causa di alcuni membri della sua famiglia (tra cui la nonna e lo zio) apertamente comunisti e, quindi, facili bersagli delle repressioni prima dello Scià, e poi di Khomeini.
Preoccupati per il destino di Marjane, quando questa ha 15 anni, grazie a dei documenti falsi, i genitori la fanno espatriare in Austria, dove si troverà nella non facile situazione di emigrata, senza un soldo, poco avvezza alla cultura europea e (per di più) islamica ospitata in una comunità di suore. Ma a Vienna e dintorni Marjane cresce anche come donna, scoprendo quanto possa essere letale l'amore: infatti, dopo una storia d'amore con un nerd ante litteram e con un tizio che grazie a lei si scopre gay, la giovane donna cade in un grave stato di depressione e abbandono che la spingeranno a trincerarsi dietro i dettami politicamente orientati della filosofia Marxista e leninista ("L'amore è un sentimento piccolo borghese che non si addice al proletariato"). Tornata in Patria, la giovane scopre la immensa distanza che divide il suo popolo dal resto del mondo, la potentissima repressione attuata dalle Guardie della Rivoluzione e l'assurdiatà della Legge Islamica, il più delle volte volta non a propagandare i dettami della religione, bensì ad opporsi alla "decadenza occidentale". La vicenda si conclude con Marjane che lascia il Paese -stavolta definitavamente- per traserirsi in Francia.
Tecnicamente la pellicola è un gioiellino, sia per il design di personaggi e locations, sia per la scelta -azzeccatissima- di tenersi fedeli al bianco e nero della graphic novel originale. Ottimi gli accompagnamenti musicali, che alternano componimenti scritti per l'occasione a brani degli Iron Maiden e alla famosissima "Eye Of The Tiger". Ottimo anche il doppiaggio in Italiano, che può vantare nomi del calibro di Paola Cortellesi, Sergio Castellitto e Licia Maglietta.
Personalmente ho trovato che questo film, pur trattado temi importanti come guerre, rivoluzioni e assassinii in modo leggero e canzonatorio, faccia parecchio pensare, soprattutto alla luce dei gravi casi di repressione e violenza palesatisi pochi mesi fa a seguito della rielezione a presidente di Mahmud Ahmadinejad. Forse il tempo non ha insegnato nulla, forse in quella parte del mondo sarà impossibile imporre una democrazia. Forse -anzi, certamente- le forze angloamericane hanno ben più di una responsabilità in tutto ciò.

[9,0]
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