mercoledì 26 agosto 2009

Il Professor Layton e il Paese dei Misteri

Oggi vi propongo una delle recensioni da me realizzate per lo spazio "Recensioni dei Lettori" del sito Eurogamer.it (se siete appassionati come me di videogiochi vi consiglio di visitarlo) avente ad oggetto il capolavoro di Level 5 che da il titolo al post.



Ecco uno di quei giochi che farebbero la felicità sia dei giocatori più navigati che dei neofiti che si sono avvicinati ai due schermi Nintendo con i vari "Giulia Passione", "Nintendogs" o "Brain Training". Merito di questa "universalità" è senza dubbio dell'idea alla base del gioco: nessun livellamento, nessun boss da sconfiggere, nessuna combo da quattordici tasti da pigiare, solo enigmi, tutti ovviamente da risolvere a colpi di pennino.

Procediamo con ordine: prima di tutto, qualche cenno riguardo a trama e personaggi. Il giocatore impersonerà il Professor Layton e il suo assistente, il giovane Luke, chiamati nel piccolo villaggio di Saint-Mystère per risolvere il mistero della Mela d'Oro, ultimo enigma progettato dal Barone Reinhold prima di morire. Ma risolvere il mistero non sarà facile: sembra infatti che tutti gli abitanti del villaggio siano in qualche modo coinvolti nel progetto, e tra loschi figuri, misteriose sparizioni e altrettanto inspiegabili amnesie, senza parlare della sinistra torre che si trova al centro dell'abitato, Layton e Luke (quindi i giocatori) dovranno dar fondo a tutta la loro abilità logica per venire a capo dei vari misteri che aleggiano a Saint-Mystère.

Il gameplay è molto semplice, tipico di un'avventura grafica: cliccando le frecce ai lati dello schermo ci si muoverà tra i vicoli del paese, toccando gli altri personaggi si dialogherà e ci verranno proposti gli enigmi (ce ne sono 130 più altri scaricabili settimanalmente attraverso la Wi-Fi Connection); la tipologia delle prove è molto varia, si va dal "traccia il tragitto migliore a determinate condizioni" al "dividi i liquidi in modo eguale in due contenitori di diversa capacità" passando per i più classici indovinelli basati sugli scacchi o semplici giochi matematici. Non mancheranno poi "missioni secondarie", legate soprattutto alla raccolta di pezzi d'arredamento per le camere dei protagonisti e alla ricostruzione di marchingegni meccanici.

Infine, sul versante tecnico, il gioco targato Level 5 è un piccolo gioiello: bellissima la grafica cartoon (che da il meglio di sè nei filmati animati), buona la caratterizzazione dei personaggi (tra i quali, a mio modestissimo parere, per simpatia spicca Foltbaffen), molto evocative anche le musiche, sebbene poche e, di conseguenza, ripetitive.

Concludendo, "Professor Layton e il Paese dei Misteri" è un altro ottimo gioco che si aggiunge alla già ricca softeca DS, che non deve mancare nella collezione di ogni possessore della portatile Nintendo. Non resta altro da fare che aspettare gli altri due episodi della trilogia, da tempo disponibili in Giappone.



[9,0]

martedì 25 agosto 2009

Meet Bill


Lo dico subito: questo film non è un capolavoro, non eccelle per stile o tecnica, eppure è stato un fulmine a ciel sereno, una sorpresa piacevole, divertente e coinvolgente.

Opera prima di Melissa Wallick (che, oltre alla regia, firma anche la sceneggiatura) e Bernie Goldman, Meet Bill racconta la storia di Bill (Aaron Eckhart), uomo di mezza età che vive una vita piena di ansietà e stress (a cui cerca di porre rimedio mangiando snacks e dolci) sposato con la figlia del suo Principale.
D'un tratto le certezze su cui si basavano la sua vita o verranno meno (come nel caso del tradimento della moglie) oppure verranno sensibilmente minate, distrutte e sostituite grazie all'intervento di Lucy (una brillante Jessica Alba) e di un quindicenne (l'esordiente, almeno sul palcoscenico internazionale, Logan Lerman) a cui Bill dovrà fare da mentore.
Proprio grazie a questi due eventi, susseguitisi l'uno a breve distanza dall'altro, Il protagonista capirà che quella che sta vivendo non è la vita che suo desidera realmente, e da questa deduzione inizierà una nuova fase dell'esistenza di Bill, il quale smetterà con i dolci, aprirà un franchise di ciambelle, si prenderà maggiore cura di sè e abbandonerà parecchi dei freni inibitori che si era imposto anni prima.

Uno dei maggiori pregi del film risiede sicuramente nel cast: Aaron Eckhart è semplicemente perfetto e credibile (personalmente, trovo che abbia una mimica facciale incredibile, riesce a produrre espressioni impensabili), Jessica Alba e Lerman, dal canto loro, trasmettono bene i caratteri dei loro personaggi. Inoltre, i tre dimostrano di avere un'ottima Vis Comica che ben si confà allo spirito del film.

In conclusione, si tratta di una commedia brillante e divertente che, pur abusando del classico stilema secondo cui "i soldi non fanno la felicità", riesce a intrattenere e ammaliare lo spettatore. Pur apparendo quasi monotono e prevedibile, posso garantire che in realtà il film è geniale e godibilissimo. Era da anni che un film non mi colpiva in questo modo.Don't Miss it!

[8,0]

sabato 22 agosto 2009

Neon Genesis Evangelion



Ovvero: quando i cartoni animati superano il cinema.

Evangelion è uno degli anime di maggior successo di sempre -successo che, seppur giunto relativamente in ritardo, si merita completamente. Raramente si sono visti anime dotati di tale spessore narrativo e filosofico, tant'è vero che la serie ideata da Hideaki Anno influenzerà molto gli anime e i videogiochi a base di lotte tra mecha: in questa prospettiva, su tutti basti ricordare l'anime RahXephon e la saga videoludica ideata da Hideo Kojima Zone Of The Enders.

Prodotto nel 1995 da Gainax (studio d'animazione autore di altre perle come Il Mistero della Pietra Azzurra e Le Situazioni di Lui & Lei), la serie si caratterizza per due filoni narrativi: il primo, intriso di richiami al cristianesimo e all'ebraismo, che narra le vicende di Ragazzi (chiamati "Soggetti Qualificati") che lottano con l'ausilio di robot (chiamati EVA) per salvare l'umanità dalla minaccia degli "Angeli", creature sovrannaturali nemiche che si sono palesati dopo un cataclisma chiamato "Second Impact" avvenuto in Antartide nel 1999; il secondo filone, di stampo piscologico e che acquista sempre maggior peso nell'intreccio a partire dalla puntata numero 14, dipana le vicende interiori dei protagonisti della saga, in particolare di Shinji Ikari, vero protagonista e fulcro delle stragrande maggioranza delle "analisi psicologiche" presenti nell'anime, della misteriosa Rei Ayanami e dell'esuberante Asuka Soryu Langley. Il tutto si svolge in un mondo credibile (ovviamente, nei limiti del possibile tipico della Fantascienza) e dominato da organizzazioni chiamate Nerv e Seele, il cui reale obiettivo è un fantomatico progetto chiamato "Progetto per il Perfezionamento dell'Uomo".

Sebbene alla maggior parte del pubblico il finale della serie televisiva, caratterizzata da una animazione scarna e sperimentale volta a descrivere i tormenti psicologici di Shinji, sia stata giudicata come poco soddisfacente (e non a torto: a fronte dei traguardi interiori raggiunti dal protagonista, nulla viene proferito riguardo alla fine della lotta contro gli Angeli e ai destini dell'umanità, di cui viene narrato nel film The End Of Evangelion, di cui prossimente prenderò visione e riferirò), personalmente dissento lo considero uno dei picchi più alti mai raggiunti dalla saga e, se vogliamo, dal mondo dell'animazione: concentrata negli ultimi episodi, infatti, si trova una summa delle teorie dei più importanti filosofi dell'era moderna: sono facilmente individuabili riferimenti ottimamente analizzati e indagati inerenti a Nietzsche, Fichte, Freud, Schopenhauer e, seppur indirettamente, Kierkegaard e Feuerbach. Inoltre durante la serie vengono ripresi temi provenienti dal pensiero di Cartesio, dai libri di Luigi Pirandello (magistrale, sotto questo punto di vista, è la coppia di episodi finali, intitolati Un Mondo che Finisce e La Bestia che Gridò AMore nel Cuore del Mondo) e dall'iconografia del capolavoro di Stanley Kubrick 2001 Odissea Nello Spazio. Molto bella è anche la caratterizzazione del resto del racconto, sovrabbondante come già detto di richiami alle religioni monoteiste di matrice cristiana: seppure utilizzate per dare una maggiore aurea di mistero alla serie (in Giappone le dottrine Cattoliche ed Ebraiche non sono ancora molto conosciute) sanno rapire l'attenzione del pubblico proprio grazie alla originale reinterpetazione che di essi è proposta.

Ottimi anche i personaggi, in cui spiccano Shinji, personificazione dell'Oltreuomo nietzscheano, e Kaworu Nagisa, che compare per una sola puntata ma il cui apporto è fondamentale per lo sviluppo dell'intreccio psicologico. Parlando di Nagisa, non si può non parlare della colonna sonora: le sigle sono buone, nulla di straordinario. Il tutto però è impreziosito dall'uso (e dal momento dell'utilizzo) di brani di musica classica, come L'Alleluiah di Handel o L'inno alla Gioia di Beethoven.

Insomma, nulla manca a questa serie: Ottime animazioni, come da tradizione dello Studio Gainax, grandissimo cast di personaggi, trama cervellotica e originale che, a onor del vero, lascia parecchi punti interrogativi, in parte svelati nei film, in parte lasciati in sospeso per invitare il pubblico alla riflessione. Visione consigliatissima.

Concludendo, Lascio il video di uno dei passaggi più suggestivi dell'anime, tratto dalla puntata 24 L'ultimo messaggero sacrificale



[10]

lunedì 17 agosto 2009

Palio

Credo che in Italia non ci sia una tradizione di stampo sportivo più bella, coinvolgente ed emozionante del Palio di Siena, e sicuramente nel mondo sono pochissimi gli avvenimenti che possono vantare lo stesso carisma e richiamo su una data comunità pur rimanendo interessanti anche per gli "esterni".

La conferma ce l'ho avuta ieri sera, mentre vedevo prima la classica parata storica, che per un appassionato di storia come il sottoscritto è un pò come la torta dopo il pranzo, poi il susseguirsi di rituali, gesti e usi ereditati da chissà quanti secoli e riproposti con una cura ed un amore certosino ancora oggi, nel XXI secolo, l'alba dell'età della Tecnologia e della scienza spinta ai suoi più portentosi (ma anche sconcertanti) estremi.

Vedere uomini indossanti abiti del 1300 che cavalcano cavalli allevati e allenati nella contrada, con viva partecipazione di tutti gli abitanti di quel quartiere, e vedere poi quella stessa gente recarsi in Piazza con ore di anticipo per sostenere il proprio fantino è uno spettacolo da pelle d'oca, con pochi eguali al mondo, sia per fascino che per trasporto.

L'immagine più bella, però, è senza dubbio l'entusiasmo che esplode dopo la corsa: la gente che, presa da Trance durante la corsa sprona il suo rappresentante con tutto il fiato che ha in gola, esplode in un urlo di gioia alla fine del terzo giro e si riversa nella pista per portare in trionfo il fantino e il cavallo, chi semplicemente gioendo, chi sciogliendosi in un pianto liberatorio, come avvenuto ieri sera per quattro anziani della contrada della Civetta. Era dal 1979 che la Contrada di Cecco Angiolieri non vinceva il Palio. Ieri, dopo una mossa durata un'eternità, è tornata regina della Piazza. Una magia che si ripete, incessantemente, da quasi 600 anni.

Thunder...Bolt


Fenomenale. Semplicemente Fenomenale.

Esattamente un anno fa nel Bird's Nest di Pechino questo marcantonio giamaicano (a prima vista fisicamente poco dotato per uno sport come l'atletica da pista) sorprese il mondo con un record che, seppure raggiunto senza nemmeno faticare troppo -Bolt rallentò palesemente negli ultimi 30 metri- aveva lasciato il mondo di stucco.
Ieri, nell'Olympiastation di Berlino, Usain si confermato, anzi è andato oltre, arrivando ad un tempo fantascientifico: 9 secondi e 58 centesimi, 11 centesimi sotto il precedente record che già gli apparteneva, poco lontano da quel 9''50 che gli scienziati prevedevano raggiunto nel 2049. Il secondo Classificato, lo statunitense Tyson Gay, ha totalizzato un 9'70 per cui in altri tempi si sarebbe gridato al miracolo. Non oggi, però, durante il regno del Figlio dei Tuoni.

Quello di Bolt è un Record con la R maiuscola, una prestazione che evidenzia nuove e ampie capacità per il corpo umano che fino a ieri si credevano utopiche. Ben diverso da quanto accade nell'altro sport "di fatica" per eccellenza, il nuoto, in cui i costumi aiutano moltissimo e influiscono moltissimo sulle possibilità di vittoria del singolo. Questo senza nulla togliere alle imprese di Michael Phelps e Federica Pellegrini, due autentici fenomeni che vincerebbero a mani basse pur nuotando nudi, ma grazie alle scellerate scelte della Federazione Internazionale degli Sport Acquatici rimane sempre il dubbio...quel record sarebbe stato battuto senza quel costume?

giovedì 13 agosto 2009

Man Son Hatar Kvinnor


Henrik Vanger, Ex leader industriale che da 39 anni vive ossessionato dalla scomparsa della Nipote.
Mikael Blomkvist, Un giornalista accusato di diffamazione a mezzo stampa di un potentissimo uomo d'affari emergente.
Lisbeth Salander, Una detective disadattata dalle incredibili capacità.
Questi sono i tre protagonisti di uno dei casi editoriali dell'anno, "Uomini che Odiano le Donne", thriller d'esordio datato 2005 del defunto giornalista svedese Stieg Larsson, trasposto in film quest'anno dopo l'incredibile successo postumo di questo libro e dei due seguiti che vanno a comporre la Trilogia di "Millennium".

Riassumere in un post un'opera di caratura assoluta come quella di Larsson non è semplice, ma cercherò di procedere con ordine.
Come si è intuito, tre sono i personaggi principali e tre sono le storie che l'Autore ci racconta. Tre storie inizialmente separate, ma che andranno ad intrecciarsi al fine di scoprire la verità su Harriet Vanger, nipote del canuto Henrik scomparsa a Hedesby nel 1966, su cui Mikael prima e Lisbeth poi indagheranno fino a giungere alla tremenda (è proprio il caso di sottolinearlo) verità, che andrà a scoprire particolari raccapriccianti e impensabili -agli occhi del lettore- riguardo ad alcuni dei membri della famiglia Vanger, che già di per sè presenta molti personaggi alquanto ambigui e melliflui. Sull'intreccio non dirò altro: sintetizzare le vicende di questo libro in modo più dettagliato significherebbe fare un torto al Romanzo, in parte perchè si toglie piacere alla lettura, in parte perchè si fa un dispetto allo Scrittore che, sebbene si sia cimentato in un genere piuttosto abusato e il più delle volte poco originale come il poliziesco, se ne è uscito con un impianto narrativo che ha pochi eguali, forse addirittura superiore al folgorante esordio di Giorgio Faletti "Io Uccido".

Stilisticamente, il libro rasenta la perfezione: Larsson dimostra di conoscere bene il genere, dettando bene modi e tempi delle azioni dei protagonisti e dello svelamento di particolari inizialmente irrilevanti della trama. Sotto questo punto di vista, vanno tessute lodi al ritmo che caratterizza il libro: dopo un inizio piuttosto "didattico" e convenzionale, L'opera prende letteralmente il volo, proponendo indizi, fasi d'indagine e avvenimenti a gran velocità, senza però far "perdere il filo" al lettore o appesantirlo con una mole eccessiva di dati e, soprattutto, senza rischiare di annoiare. Anzi, avviene il contrario: Questo libro si leggerebbe all'infinito, anche per ore di seguito.
Altro punto a favore dello Stile è da individuare nella preparazione di Larsson che, da buon giornalista quale era, documenta sempre in modo chiaro e con dovizia di particolari sia le azioni di Mikael e Lisbeth che le attività economiche-politiche che stanno alla base dell'incriminazione e della successiva rivincita di Blomkvist.
Per quanto concerne "lo Stile" vero e proprio, ossia la scrittura dell'Autore, si può solo dire che si tratta di uno stile molto semplice e scorrevole, sebbene molto curato e lessicalmente ampio.

Ottimi anche i personaggi: personalmente il personaggio che ho gradito di più è stato "Kalle" Blomkvist, sia per il modus operandi che lo contraddistingue, sia per il carattere che l'Autore ha infuso il lui. In via generale, però, le lodi della critica si sono versate con maggior copiosità su Lisbeth Salander che, a onor del vero, oltre ad essere un personaggio poco convenzionale al di là dello stereotipo della "Bella & Intelligente" che spesso si incontra nei Thriller, presenta una biografia e una caratterizzazione molto profonda e originale. Inoltre, non mancherà di stupire i lettori il personaggio che si rivelerà, come direbbe Lisbeth, "Il porco sadico schifoso che odia le donne".

Mentre mi diletto nella lettura del secondo episodio della Saga, intitolato "La Ragazza che Giocava col Fuoco" , non posso far altro che consigliare caldamente la lettura del Romanzo.
Dopotutto, se è riuscito a conquistare un lettore come me, poco avvezzo al poliziesco -genere che negli ultimi anni sta vedendo un'incredibile mole di produzione -, non potrà far altro che esaltare tutti i fan del genere. E non solo per questioni di moda letteraria.

[8,5]

Post #25

Dopo la ristoratrice vacanza in quel di Jesolo (un caro saluto a amici e conoscenti vecchi e nuovi) sono tornato a scribacchiare sul mio blog.
Siccome siamo alle porte del Ferragosto, periodo in cui più o meno l'80 % della popolazione terrestre non ha voglia di fare nulla, propongo un nuovo post a tema, sull'OST della mia vita.

Con la clip di oggi si torna indietro poco meno di tre anni: Settembre 2007.
Dopo la impervia prova di Maturità e l'entrata per vie oscure nel mercato del lavoro, arriva il 22 Settembre, data del mio primo giorno di Università, Facoltà di Giurisprudenza (chi l'avrebbe mai detto), Città di Bergamo, Sede di Via Caniana.

In un misto di esitazione e ansia di iniziare nel migliore dei modi questa nuova fase (piuttosto soddisfacente, direi col senno di poi) della mia esistenza, una canzone mi ha spronato e corroborato quel pomeriggio -la prima lezione in assoluto fu Istituzioni di Diritto Privato, dalle 15 alle 17-.
Devo ammettere che entrare per la prima volta in Università con quella colonna sonora, spallata da una situazione climatica più vicina al 15 Luglio che non al Fine Settembre, mi fece un certo effetto. Era come se l'estate non fosse veramente finita, come se non esistesse quel momento di rottura tra "la Vacanza" e "il Lavoro" che invece caratterizzavano gli anni della Scuola dell'Obbligo. Inoltre, era un pò come trovarsi su una nave in alto mare: sai di aver lasciato dietro di te il Porto, ma non hai idea di cosa ti stia aspettando e, nella incoscienza, ci si lascia sorreggere dai migliori propositi.

Quella canzone fu "When Did Your Heart Go Missing?" dei misconosciuti Rooney, che nella torrida estate 2007 vissero il loro quarto d'ora di gloria.