domenica 28 giugno 2009

You Didn't Leave Us Alone


Giovedì notte se n'è andata una Leggenda.
Michael Joseph Jackson, secoondo le prime indiscrezioni a causa di un infarto, ma ufficialmente per motivi ancora da accertare, è morto all'età di 50 anni, poco prima del suo grande ritorno sulle scene con il This Is It Tour di Londra.

Lo scrivo subito: non sono un grandissimo fan di Jacko e si potrà discutere per decenni sulla vita privata e sull'eccentricità del personaggio, ma è necessario dare a Cesare ciò che è di Cesare, è dire che MJ è senza dubbio una icona della musica pop, un idolo capace di ammaliare le masse (dopotutto, 750 milioni di dischi non si vendono per caso), ma soprattutto un grande showman e un ottimo musicista, visto che testi e basi delle sue canzoni portano il più delle volte la sua firma. Certo, Jacko deve essere molto grato a Quincy Jones che è la mente dietro al progetto "Thriller", ma sono convinto che il 90 % di ciò che era (e che è) Michael Jackson è merito di Michael Jackson stesso.

Devo dire che la notizia in un primo momento non mi aveva sconvolto più di tanto. E' cosa nota che Jacko si divertisse a prendere in giro la stampa creando falsi scoop (come quella volta che si fece fotografare malato su una sedia a rotelle), e avevo interpretato la news (ripresa tra l'altro da un sito tutt'altro che rispettabile come TMZ) come un pettegolezzo. Poi s'è avuta l'ufficialità ed è stato tutto un altro paio di maniche.
Ebbene sì, mi è dispiaciuto. Jackson era una di quelle persone che, quasi inconsciamente, sanno convincerti di essere un gradino sopra al resto di noi comuni mortali, a farti credere che non sarebbero mai morti, un pò come Gianni Agnelli o Freddie Mercury, e che avrebbero accompaganto per sempre con la loro vacua, lontana ma persistente presenza. E invece no. C'est la vie.

Sul piano privato, è dura commentare senza farsi prendere dal fatto di essere ammiratori o meno del Re del Pop, ma personalmente sono convinto che molte delle cose dette su MJ siano fesserie inventate da manager o giornalisti. Si è appurato che nei casi di pedofilia Michael non era colpevole bensì vittima, tanto per dirne una. Poi è fatto scontato che più si è in alto e si gode di fama più si attirano su du sè antipatie e critiche.
Fatto sta che preferisco ricordare il lato pubblico di Michel Jackson, veramente un colosso dei tempi moderni, per aver regalato al mondo canzoni come Black Or White, You Are Not Alone, Thriller...nonchè il padre putativo di tutta la pop music del XXI secolo.

giovedì 11 giugno 2009

Great Teacher Onizuka



L'altro ieri, dopo una furiosa sessione di lettura della durata di due giorni, ho terminato gli ultimi quattro albi di GTO, spinto dalla curiosità di sapere come si sarebbe conclusa la storia del Professor Eikichi Onizuka. Devo dire che il finale era piuttosto preventivabile e, almeno per me, un pò deludente. Bisogna comunque dire che gli eventi conclusivi non vanno ad intaccare l'alto livello qualitativo generale del manga che, tra l'altro, appare superiore all'Anime sotto ogni punto di vista.

Seguito dell'autoconclusivo Bad Company e della serie Shonen Jun'ai Gumi - La Banda dell'Amore Puro di Shonen, Great Teacher Onizuka si configura come l'opera più completa di Toru Fujisawa. Le vicende prendono il via con un Eikichi molto simile a quello visto nei due manga precedenti: Solita capigliatura "a casco d banane", solita aria da teppista, ma iscritto all'Università di Quinta categoria di Eurasia, dove passa gli esami mandando ad affrontare gli appelli suoi sosia. D'improvviso, Onizuka ha un'idea: diventare insegnante. Dopo essersi tagliato i capelli e aver fatto un breve tirocinio, affronta un colloquio presso l'Istituto Kissho, una delle scuole più prestigiose di Tokyo. Da lì sarà un susseguirsi di vicende tra il serio e il faceto che faranno poi da escalation a quella che pare essere la fine del Professore, che però, tenendo fede alla sua fama di "Demone immortale", scampa alla morte e risolve un serie di situazioni che paiono senza soluzione, riportando l'ordine nella IV sezione del III anno e nell'intero Istituto.

Ottimo il cast di personaggi, tutti molto caratterizzati, sia per quanto riguarda i professori che gli studenti: indimenticabili il professore di educazione fisica Fukuroda (che risolve qualsiasi problema facendo flessioni), il turbato Teshigawara, la Professoressa Azusa Fuyutsuki e il vicedirettore Uchiyamada, che con la sua Toyota Cresta più volte distrutta da Onizuka strappa più di un sorriso al lettore. Riguardo agli studenti, memorabili sono i due "secchioni" Kikuchi e Kanzaki, il mammone Kunio Murai e il "nerd" Yoshikawa. A condire il tutto, appaiono tra i personaggi secondari gli amici d'infanzia di Onizuka, come Danma e Saejima, ora nell'improbabile veste di poliziotto -corrotto-. Superfluo dire che nessuno di loro, però, può competere in carisma e stile con il protagonista.

Che dire: dopo aver letto Bad Company (bellino, ma nulla per cui esaltarsi) temevo che GTO mi avrebbe annoiato o comunque non mi avrebbe "preso" più di tanto. Invece il manga si è dimostrato veramente ottimo, sia perchè pieno di gag esilaranti (indimenticabile quella del costume da Elefante o quella in cui Moritaka e Fuyutsuki scoprono Onizuka intento a masturbarsi nella sua casa-camion), sia perchè, nel suo piccolo, il fumetto dà insegnamenti di vita di tutto rispetto (strano ma vero, considerando la natura ribelle del professore soggetto principe delel vicende), oltre che fornire una feroce critica della società giapponese, caratterizzata da forte individualismo e morigeratezza, valori sotto cui però si celano abbandono, crisi isteriche e depravazioni. Sotto questo punto di vista, Fujisawa dipinge un Giappone lontano dagli stereotipi della società ordinata e dedita al lavoro che molti di noi conoscono.

Non si potrebbe far altro che congliare la lettura a tutti gli appassionati.

[8,5]

martedì 9 giugno 2009

The Change We Need (?)


Io sinceramente non capisco.
Me lo chiedo da un tre mesi buoni, ma non riesco a darmi una risposta.
Il quesito è: Com'è possibile che la pressochè totalità degli esseri umani guardi a Barack Obama come un messia, una via di mezzo tra l'eroe e la rock star, capace di traghettare il mondo in una nuova Era fatta di collaborazione, pace e sicurezza?

L'unica risposta decente ma non soddisfacente che ho trovato è la seguente: La gente è volubile. Verrebbe da dire stupida, dato che si è fatta ammaliare dalla storiella di Barack, il giovane Presidente, capo di una bella famiglia e incarnazione dell'"American Dream" che molti davano per estinto.

La politica, il più delle volte mio malgrado, non si fa con i dati e i fatti, ma con la retorica che, ci insegna Aristotele, è l'arte di convincere la gente non con la conoscenza ma con la persuasione. Secondo me è ciò che ha permesso in modo preponderante l'ascesa di Obama.

Partiamo da un dato di fatto: senza la sovraesposizione mediatica della sua persona su qualsiasi mezzo di comunicazione di massa (sovraesposizione, ricordiamolo, generata primariamente dal fatto che fosse un nero) Obama non sarebbe dove sta adesso. Un afroamericano candidato alla Casa Bianca.
Una bella trovata per il partito democratico statunitense che si è aggraziato le minoranze.
Una bella storia da raccontare ai Tg della sera per far nascere malsane idee al volgo, del tipo "In USA non c'è il razzismo e la discriminazione, nell'Italia neofascista -secondo questi rozzi politici delle ore 20.00- sì".
Condite il tutto con una assillante campagna pubblicitaria (addirittura gli americani si son visti Obama nei fumetti e nei videogiochi!), una vera e propria operazione di Marketing verrebbe da scrivere, costruite una immagine lodevole attorno al personaggio e promuovetelo anche al di fuori dei confini nazionali.
Una volta scrissi sul mio FaceBook quasi per scherzo che la prossima dittatura si sarebbe instaurata attraverso internet. Ora non voglio apparire paranoico, ma se diamo un'occhiata alla potenza pressochè infinta del medium e dell'importanza che ha avuto nella campagna elettorale di Obama, la cosa è veritiera, alla faccia di tutti quelli che si battono per una non regolamentazione della Rete.

Succedesse in Italia tutto ciò parleremmo di profe tecniche di regime, però è successo negli Stati Uniti, la Nazione più democratica del mondo.

Passiamo a quello che dovrebbe essere il punto focale di un mandato presidenziale: i fatti.
In politica interna, gli aiuti all'economia varati dal Presidente -che, a dirla tutta, stanno iniziando a produrre i loro frutti- non sono null'altro che lo stesso piano che qualunque uomo dotato di buonsenso e conoscenze economico-politiche avrebbe redatto.
In politica estera, Obama finora ha solamente parlato, fatti pari a Zero. Va al Cairo e parla di fratellanza al mondo musulmano, dimenticandosi quello che accade in Iran e in Pakistan, addirittura alleandosi in Afghanistan con i Talebani (!). Però rimane molto bravo a pubblicizzarsi, bisogna riconoscerglielo.
Chiuderà Guantanamo, certo, Bravo-Bravo. Ma dopo 9 anni in cui molto probabilmente i torturati avranno già detto tutto ciò che l'intelligence e il Governo americano volevano sapere e, soprattutto, smerciando i terroristi a una dozzina di stati alleati. Come se i boss mafiosi venissero incarcerati tra Francia, Giappone e Danimarca, per dire.

Comunque Obama rimane la Star, l'esempio, l'Illuminato, e chi prova a parlarne male o è razzista o è fascista. Similmente, chi spezza una lancia a favore del Governo Bush è automaticamente uno che non capisce nulla. Chi scrive e incolla queste etichette però, purtroppo per lui, il più delle volte parla per dare fiato alla bocca, dimenticando quale fosse il programme iniziale di George W. Bush e quanto il suo piano sia stato stravolto dal palesarsi della minaccia terroristica -che sempre quella gentaglia che ne capisce e appiccica etichette identifica come una cospirazione tutta americana, manco fossimo in X-Files
Io ho scritto quello che penso e che sono disposto a ritrattare qualora se ne verifichino le opportunità. Al momento, la situazione è così.

sabato 6 giugno 2009

Farewell Ruins of The Moon

Come promesso, a breve giro propongo il video d'ouverture (o l'opening se siete allergici al francese) di Fragile: Farewell Ruins of The Moon, gioco di ruolo per Wii ambientato in un mondo desolato e abitato da sinistre presenze.



Il gioco dovrebbe (il condizionale è d'obbligo) essere distribuito entro l'anno anche qui in Italia. Chi non lo compra, è senza cuore. Ecco, l'ho detto XD.

In differita da Los Angeles

Dall'1 al 4 giugno in quel di Los Angeles si è tenuto l'Electronic Entertainment Expo, meglio noto come E3, l'evento dell'anno per tutti gli addetti ai lavori e gli appassionati di intrattenimento elettronico (aka videogiochi), tra cui il sottoscritto. Il piatto forte dell'evento è sicuramente rappresentato dal trio di Conferenze Stampa delle major del gaming, ossia Microsoft, Nintendo e Sony.
Dopo averle viste TUTTE (in diretta quelle dei colossi nipponici, in differita quella della casa di Redmond), scribacchierò le mie impressioni su di esse e sui giochi in fiera.

La conferenza Microsoft è stata senza dubbio molto spettacolare, tanti giochi, tanti personaggi famosi, lustrini e paiettes. Vedere Molyneux e Kojima sullo stesso palco fa un certo effetto, così come vedere in loro compagnia Yoko Ono e Paul McCartney. Però c'è un però: molti dei progetti presentati (incluso Metal Gear Solid Rising) sono multipiattaforma, giocabili a seconda dei casi anche su Wii o PlayStation 3. Questo non toglie nulla ai giochi che arriveranno sullo scatolotto bianco di Zio Bill (anche perchè Forza Motorsport 3 sembra un portento, Conviction e Alan Wake appaiono fantastici), ma era lecito aspettarsi un pò più di aggressività su questo lato. Tuttavia La Bomba -ossia l'annuncio shock- della conferenza c'è stata, e reca il nome di "Project Natal": nessun joystick, nessun clone del Wiimote, solo il proprio corpo a gestire i movimenti dei personaggi su schermo.Con tanto di riconoscimento vocale per "dialogare" con i personaggi del videogioco. Bello da vedere, fantascientifico in molti usi (vedasi il "MILO" di Peter Molyneux), al confine tra rivoluzionario successo e cazzata storica. Prima del 2012 avremo conferme.

PROJECT NATAL (video)


Sul versante Nintendo, c'è da dire che l'attesa per la conferenza era tanta. Dopo la conferenza rivoltante dell'anno scorso e la promettente conferenza privata di Ottobre, questo E3 era il momento della verità. Come l'anno scorso, la conferenza ha lasciato un pò di stucco, sebbene siano stati presentati tanti giochi in esclusiva adatti un pò a tutti ma di cui già si sapeva praticamente tutto (WiiFit Plus, WiiSports Resort, The Conduit).... La mazzata al morale è arrivata con la salita sul palco di Satoru Iwata che ha presentato il "Vitality Sensor"...una molletta da applicare all'indice e che ha la funzione di rilassare il giocatore durante le sue sessioni di gioco. Col morale sotto i tacchi i fan di Nintendo (di cui il sottoscritto fa orgogliosamente parte) iniziavano a maledire la piccola console bianca, Iwata, Camilla Dunaway e chissà chi altro, quando ad un certo punto...vengono sparate la seconda e la terza Bomba: dopo New Super Mario Bros Wii (bel platform 2d per 4 giocatori in competizione/cooperazione tra loro, atteso per questo Natale nei negozi) presentato all'inizio dello show, vengono mandati due video: il primo annuncia Super Mario Galaxy 2, seguito del Capolavoro già presente su Wii. Il pubblico applaude convinto. il secondo video è quello di Metroid Other M, annuncio veramente spiazzante e inaspettato che manda in visibilio il pubblico e il sottoscritto. Come se non bastasse, Shigeru Miyamoto in tarda serata annuncia che è al lavoro sul nuovo episodio per Wii di "The Legend Of Zelda". Questi annunci, congiuntamente ai tanti bei giochi per Wii e Ds presenti in fiera, fanno della Grande N la "principessa" della Fiera, soprattutto a causa della prima parte di conferenza veramente deprimente.

METROID OTHER M (video)



Nintendo principessa, dicevamo, perchè lo scettro di Regina spetta a Sony: una nuova console presentata (la quarta incarnazione della PlayStation Portatile,chiamata "PSPGO", senza UMD ma con un capiente HDD) una barca di giochi sia per Psp (tra cui spiccano Little Big Planet, Metal Gear Solid Peace Walker e, a sorpresa -visto che si considerava disperso il progetto- Gran Turismo Portable), quanche chicca per PSN (tra cui la riproposizione del classico Final Fantasy VII) e molti progetti pesanti per PlayStation 3, tra cui l'onirico The Last Guardian e l'impressionante Uncharted: Among Thieves e il sicuro blockbuster God Of War III. In Sony hanno pensato a tutto e tutti, proponendo addirittura l'evoluzione del Wiimote che ha fatto le fortune di Wii: una sorta di bacchetta sormontata da una palla senza alcun tasto che replica fedelmente i movimenti del braccio. Molto più concreto del "Natal" di casa Microsoft, anche se non ha sollevato lo stesso clamore.

THE LAST GUARDIAN (video)


Sicuramente una bella edizione dell'E3, in cui tanti sono stati i videogiochi mostrati, decine di livello assoluto e altrettanti molto promettenti.
Menzione d'onore per Bayonetta (Ps3/360), Final Fantasy XIII (Ps3/360) e XIV (Ps3) e Final Fantasy Crystal Chronicles: The Crystal Bearers (Wii), Tastunoko vs Capcom (Wii), No More Heroes 2 (Wii), Gran Turismo 5 (Ps3), Brutal Legend (Ps3/360), Fragile (Wii) di cui presto posterò il bellissimo video d'ouverture e l'immenso Sin & Punishment 2, anch'esso per Wii.

lunedì 1 giugno 2009

GRAZIE



Era il 2001, L'anno che passò alla storia per il dramma del World Trade Center e l'ascesa della nube minacciosa del terrorismo islamico. Ma, visto che oggi non è la data per commemorare la tragedia, voglio parlare un pò dell'estate di quell'anno.
Io ero un ragazzino delle medie timido e insicuro, autostima pari allo zero. Amici, allora come oggi, nè tanti nè pochi, ma il sottoscritto era molto restìo ai rapporti umani, una caratteristica che, seppure stintasi, permane nel mio carattere.

Quell'estate Zinedine Yazid Zidane, il giocatore che per me era IL calcio, lasciò la Juventus per andare al Real Madrid. La Juve ci intascò soldi, tanti soldi. In quell'occasione mi sentii un pò demoralizzato come tifoso, vedevo la cessione di Zizou come il principio della fine della Juventus, che ad essere sinceri già da un paio d'anni non vinceva nulla.
Quella stessa estate, però, Luciano Moggi, che il suo mestiere lo sapeva fare, aveva un'altra strategia: sacrificarne uno per fortificarne undici. Fu così che arrivarono sulla sponda bianconera del Po Thuram, Salas, Buffon e Pavel Nedved.

Voi non ci crederete, ma per me Nedved è stato molto di più che un -seppure ottimo- semplice calciatore. Per me Nedved è un'icona, un modello, era tutto ciò in cui io credevo e tutto ciò che volevo essere. Io volevo essere sua mimesi perlomeno in ciò che dimostrava sul rettangolo verde: caparbietà, forza, coraggio, forza di volontà, spirito di sacrifico. Era ciò che a me mancava. Col tempo imparai che Pavel era per me quello che Che Guevara, John Lennon o chissà chi erano per altri ragazzini.

Capii la grandezza dell'atleta e dell'uomo del centrocampista Ceko nell'anno 2003, quando il biondo di Cheb prese per mano la Juventus e la condusse fino alla nefasta finale di Manchester contro il Milan, passando attraverso vere e proprie imprese come furono le sfide con Barcellona e (soprattutto) Real Madrid. Dio, solo a scriverne mi vengono i brividi. Ho ancora negli occhi la rasoiata contro il Barça o l'irresistibilità della Juve tutta contro gli allora Galacticos.

Proprio il Goal contro il Real è quello che ricordo con maggiore partecipazione, la prima volta per cui il sottoscritto abbia pianto (in quel caso, di gioia) per le sorti della squadra di cui è tifoso. Ricordo la palla scodellata in avanti da Zambrotta nella sua metà campo, Nedved che parte dietro la linea di fuorigioco, corre per 35 metri portandosi dietro Salgado che non riesce a fermarlo. Giunto in prossimità dell'area, scocca un sinistro contro cui nulla puote Iker Casillas. 3 a 1. Il "Delle Alpi" stracolmo che esplode. E' Finale.

E' il 2009, precisamente il 10 marzo. Una serata fredda, di quelle che il freddo fa male alla pelle. C'è il ritorno degli ottavi di finale di Champion's League: La Juve deve ribaltare una sconfitta per 1-0. Quella sara capii la grandezza e al contempo la debolezza di Nedved, costratto a lasciare il campo tra le lacrime a causa di un infortunio, nonostante avesse tentato di rimanere nel terreno di gioco per aiutare la squadra, soffrendo, trattenendo il dolore. Ma il Nedved del 2009, più umano de quello indistruttibile di anni addietro, a differenza di altre volte non ce la fa.
Ebbi come l'impressione che quello fosse un cattivo presagio per i destini europei della Juventus, e infatti così fu. Certo, ci furono Iaquinta e Del Piero a tenere vive le speranze, ma senza Nedved (sarà un caso, non sarà un caso) i bianconeri hanno sempre fallito gli appuntamenti importanti.

E' sempre il 2009, stavolta il 30 maggio, l'ultima giornata di campionato, l'ultima di Pavel con la Juve, molto probabilmente l'ultima della carriera. Non posso fare altro che ringraziarlo per tutto ciò che sportivamente e -in un certo qual modo- umanamente ha dato a me e a tutti i tifosi della Juve.