sabato 31 ottobre 2009

Disaster: Day Of Crisis


Mai avrei pensato di trovarmi così combattuto nello scrivere questa recensione. Bisogna specificare che questa diatriba interna è figlia del gioco stesso, ma andiamo con ordine. Disaster: Day Of Crisis, esordio della Monolith (autrice di prodotti di indubbio valore come Xenosaga e Baten Kaitos) al contempo su Nintendo Wii e nella cosiddetta "next-gen", è un gioco che senza dubbio ne ha viste di tutti i colori. Doveva essere pronto al lancio (o quasi) della bianca console, prometteva un susseguirsi di eventi che avrebbero tolto il fiato, prometteva divertimento e azione -specialmente azione- basata sul WiiMote e le mille possibilità che quest'ultimo rendeva realtà. Tutto molto bello, il problema è che il titolo si è perso per quasi due anni, salvo poi riapparire tra settembre e ottobre 2008, quasi a sorpresa. Ora che il disco è inserito nel vano lettore e la custodia si è unita alla buona compagnia di Metroid Prime Trilogy, MadWorld e No More Heroes (gli altri grandi titoli d'azione disponibili sinora su Wii), analizziamo il gioco.

La trama intriga quel tanto cha basta per il genere a cui l'opera appartiene. Voi sarete Raymond Bryce (per gli amici Ray), ex membro di una squadra internazionale di salvataggio, impiego abbandonato dopo la morte di Steve, vostro grande amico morto in missione. Ora vi ritrovate a lavorare per l'Ufficio Gestione Crisi del comune di Blue Ridge City, metropoli statunitense che si affaccia sul Golfo del Messico. Sembra un'occupazione come tante, ma un giorno sconvolgerà la vita vostra e di tutta la Nazione: La SURGE, ex squadra speciale del corpo dei marines, rapisce un noto geologo e la sua collaboratrice di nome Lisa (sorella di Steve, per la serie "il mondo è piccolo") e si impossessa di alcune testate nucleari con lo scopo di minacciare il Presidente degli Stati Uniti al fine di ottenere un forte ritorno in termini economici. In preda a una serie di eventi climatici che in altre situazioni farebbero pensare all'Apocalisse, Ray deve sconfiggere questo manipolo di militari, liberare il Professore e la ragazza e sventare la minaccia nucleare. Ce la farà? Il suo destino è nelle vostre mani. Si può facilmente notare nel proseguo della trama quanto il gioco tragga ispirazione dai famosi "disaster movie" à la Emmerich (la scena dell'onda anomala che si abbatte sulla città è una chiara citazione di "The Day After Tomorrow"), il che non è assolutamente un male per amanti del genere e per il ritmo stesso dell'azione. Inoltre le concitate fasi finali del gioco (per la precisione: il combattimento finale e il lancio dall'aereo) richiamano alla mente un certo Metal Gear Solid...

Per quanto concerne al gameplay, Disaster non delude le attese: tra salvataggi, sparatorie, rianimazioni, fughe disperate in auto e a piedi, l'azione è varia e a tratti adrenalinica, con alcuni momenti che da soli valgono il prezzo del biglietto (non smetterò mai di citare il duello sul ponte mentre si avvicina l'onda anomala). Ovviamente tutto sarà calibrato perfettamente alle potenzialità del Wiimote: per fare un esempio, nelle rianimazioni si dovrà spingere verso il basso il controller seguendo le indicazioni su schermo, per fuggire a piedi si dovrà agitare forsennatamente il duo Wiimote-nunchuck, premendo saltuariamente "B" per temporanee accelerazioni. Nel complesso i "mini-eventi" si svolgono molto bene e sono ben studiati. Unica pecca (ma si tratta di una critica personalissima) l'azione col proseguire dei capitoli sembra concentrarsi troppo sulla fase Shooting, che si svolge on rail, similmente a Resident Evil The Umbrella Chronicles. Componente complementare al Gameplay è la trovata di permettere di potenziare i parametri fisici e balistici di Ray e delle diverse armi a disposizione: Infatti il sistema di danni si pone a metà strada tra action puro e RPG, quindi combatterete come in un classico gioco d'azione, ma guadagnerete nel contempo punti esperienza in modo del tutto simile a un gioco di ruolo. Bisogna ammettere che il sistema funziona bene. Inoltre sconfiggendo i nemici e vincendo delle prove che vi verranno proposte in itinere durante il susseguirsi dei capitoli da uno strano figuro di colore potrete sbloccare nuove armi che vi renderanno la vita molto più facile durante le circa 12 ore di gioco necessarie per giungere alla fine.

E ora passiamo alle note dolenti. Parlando del comparto tecnico, non si può rimanere indifferenti dinanzi alla pochezza grafica del titolo: Disaster sotto questo punto di vista è eccessivamente grezzo, anche in confronto con quanto di buono è stato dimostrato sia possibile su Wii. Pare quasi di trovarsi a giocare su una vecchia PlayStation 2, e nemmeno spremuta al massimo delle proprie possibilità. Alcuni particolari, come i modelli poligonali di Ray e dei nemici sono più che buoni, ma non sufficienti a elevare la qualità generale del comparto visivo. Le cose non cambiano nemmeno parlando del comparto sonoro. Nonostante la presenza di un tema musicale principale di grande impatto e veramente ben orchestrato, gli effetti sonori sono poco vari (ad esempio, camminare su una passerella d'acciaio produrrà il medesimo suono di un colpo di pistola) e di qualità non eccelsa. Eppure anche in questo caso ci sono piacevoli eccezioni alla mediocrità del tutto, ma nella visione d'insieme si tratta di un piccolo sciame di mosche bianche. In poche parole, si poteva (e si doveva) fare di meglio.

In apertura scrissi che mi trovavo combattuto, e ora svelerò il Perché: Semplicemente, questo gioco ha una doppia anima. Da un lato, il comparto visivo è da rivedere, quello sonoro pure e, se vogliamo essere sinceri, giunti alla fine nemmeno la trama è così profonda come in principio ci si aspetterebbe (sebbene non manchi di coinvolgere il giocatore). Eppure, da un altro punto di vista, l'opera di Monolith non può fare a meno di divertire e appassionare. Merito sicuramente dell'incalzante ritmo e del serrato palesarsi di eventi e nuove minacce, ma per la maggior parte il nostro plauso non può che essere tributato al gameplay, che funziona eccellentemente e regala parecchie soddisfazioni. Sinteticamente, è poco VIDEO (inteso come valori tecnologici) ma molto GIOCO. Coloro i quali non fanno della cifra tecnica uno degli aspetti principali di un videogame lo apprezzeranno per il divertimento che sa donare, i cultori della bellezza audiovisiva potrebbero storcere il naso in un primo momento. In poche parole: la sostanza c'è ed è anche buona, ma sotto molti aspetti Disaster: Day Of Crisis appare come un'occasione sprecata. Speriamo che un eventuale seguito (ipotesi lasciata aperta dal finale del gioco e che in Monolith vorrebbero realizzare) possa far fare il salto di qualità che il brand meriterebbe.

[7,0]

Italian Spiderman


C'era una volta, negli anni '60, un rampante uomo d'affari italiano divenuto ricchissimo grazie alle sue piantagioni d'arance, Alfonso Alrugo, desideroso di girare un film capace di dimostrare che anche nel Belpaese esistevano i supereroi. Supereroi di quelli veri, vestiti di tassuti attillati, con il mondo da salvare e una bella da Amare. Insomma, che hanno le star d'oltreoceano che noi paisà non abbiamo?

Spronato da questo irrefrenabile sentimento di rivalsa, Alfonso fondò la Alrugo Productions e mise in cantiere il più grande film dedicato ai supereroi mai concepito: Italian Spiderman. La produzione fu così complessa e i fondi stanziati così ingenti (il magnate sborsò l'allora esorbitante cifra di 15 milioni di Dollari) da ridurre Don Alrugo sul lastrico, proprio mentre era in procinto di terminare la post-produzione del film. La crisi del Re delle Arance si riversò anche sulla pellicola: L'Opera rischiò seriamente di non vedere la luce. Disperato e oramai in miseria, il Nostro decise di spedire via nave negli Stati Uniti una copia della pellicola, nella speranza di trovare un distributore. Purtroppo la nave affondò, e con essa il film. Il sogno di Alfonso Alrugo stava andando in frantumi.

La Storia, però, dà ragione ai pazienti e, all'alba del XXI secolo, il desiderio del morente Alrugo è diventato realtà: dopo mesi di ricerca sul fondo dell'Oceano Atlantico e un paio d'anni di restauro, i discententi del magnate italiano hanno potuto offrire al mondo via YouTube la visionaria opera del nonno, facendo conoscere la genialità del progetto e tributandogli i giusti meriti.

Peccato che tutto quanto fin qui scritto sia un falso storico, un espediente usato per far credere allo spettatore di trovarsi davanti a un prodotto più risalente rispetto alla reale data di realizzazione (similmente a quanto fatto da Umberto Eco per Il Nome della Rosa e Alessandro Manzoni per I Promessi Sposi). In realtà Italian Spiderman è un progetto amatoriale realizzato non più di due anni fa con pochi soldi ma molta volontà da un ristretto gruppo di ragazzi australiani impegnati in un progetto universitario votato alla creazione di un Trailer di un film in realtà inesistente. Visto il successo del trailer, i ragazzi decisero di dare corpo al mondo accennato nel breve filmato attraverso una mini-serie a episodi.

Diciamolo schiettamente: Se amate il trash anni '70 e '80 (recentemente omaggiato dal duo Robert Rodriguez - Quentin Tarantino con i film Planet Terror e GrindHouse - A Prova di Morte), "Italian Spiderman" entrerà nel vostro cuore.
Recitazione accennata, dialoghi al limite dell'accettabilità, musiche tipicamente Eighties, mancanza pressochè totale di uno qualsivoglia effetto visivo, fotografia scadente, trama ridicola. Non manca nulla di tutto ciò nel progetto amatoriale. Proprio queste deficienze lo rendono una piccola perla, capace di cogliere appieno lo spirito e lo squallore (solo apparente, per alcuni) di quel particolare genere cinematografico che tanto successo riscosse due decadi fa e che ebbe gloriosi potabandiera nelle commedie sexy con protagonisti i vari Alvaro Vitali, Edwige Fennech e Lino Banfi, negli horror di Lamberto Bava e nei film d'azione Made in Hong-Kong che lanciarono nel firmamento delle Star Internazionali un giovane e ancora sconosciuto Bruce Lee. Impresa che, ad esempio, non è riuscita a registi di ben altro lignaggio con budget colossali.

La trama vede il nostro connazionale, baffuto e piuttosto imbolsito (come vuole lo stereotipo estero dell'Italiano medio, ben ritratto anche dal personaggio di Super Mario), lottare contro Capitano Maximum, un criminale che vuole impossessarsi del potere moltiplicatore di un meteorite caduto sulla Terra e studiato dal Professor Bernardi e dalla bella nipote Jessica.
Tra lotte all'ultimo sangue, inseguimenti a bordo di moto rigorosamente italiane, evocazioni provvidenziali di pinguini, trasformazioni e spettacolari (si fa per dire) scontri a fuoco, L'Actione e il Supenso non mancano mai e, com'è da aspettarsi per questo genere di film, pur risultando palesemente rozzi spronano a continuare la visione.

Da notare poi, la "cura" messa dai ragazzi della Crew nei particolari di contorno: i personaggi parlano in italiano (maccheronico, ma pur sempre italiano), le musiche sono fenomenali (nell'ottica della parodia) e l'uso degli stereotipi non è scontanto nè tantomeno offensivo.

Da vedere? sicuramente sì, in ogni caso. Se siete fan del trash, rimarrete estasiati dinanzi a cotando decadente splendore; se non lo siete, troverete comunque apprezzabile il lavoro amatoriale e, molto probabilmente, vi divertirete pure.

Ecco il Trailer che diede avvio alla leggenda.



[8,5]

sabato 17 ottobre 2009

Minchia, candidaati simu!



Dopo l'assegnazione a Rio de Janeiro da parte del CIO dell'Edizione dei Giochi Olimpici del 2016, com'era ovvio che fosse, è partita la gara tra le più disparate città del Globo per ospitare la Madre di tutte le manifestazioni sportive quattro anni dopo, nel 2020. Tra proposte già ritirate (Praga), Proposte affascinanti ma contrarie alle regole del Comitato Internazionale per l'assegnazione dei Giochi (Hiroshima-Nagasaki), e proposte concrete già ben strutturate (Lima, Madrid, Dubai e Durban in primis) noi italiani ci facciamo sempre riconoscere: addirittura 6 candidature tra cui il CONI dovrà sceglierne una. Fortunatamente non siamo soli, dato che il caos-candidature sta investendo anche Stati Uniti e Spagna, ma sono i modi che ci distinguono.

In principio furono Roma e Venezia (ipotesi concreta per quanto riguarda l'Urbe, che già si era attrezzata per il 2004; molto evocativa e leggermente più difficile ospitare le XXXII Olimpiadi dell'era moderna nell'incantevole Laguna, ma i piani proposti dal Sindaco Cacciari sono veramente ben fatti). Seguirono le candidature poi di Milano (come se l'Expo 2015 non bastasse e non bastasse nemmeno l'immobilisimo delle Autorità nell'organizzazione di quest'ultimo) Romagna (?) Palermo e Bari (?!?!).
Mancano solo Treviglio e Busto Arsizio.

Non me ne vogliano gli abitanti delle ultime due città indicate (tanto so già che chi leggerà mi darà dell'antimeridionalista, del leghista, per il semplice fatto di muovere una critica a luoghi del Sud), ma con che mezzi sperano di poter avere chances in sede CONI e, se avvenisse il miracolo, CIO?

Già il fatto che la candidatura di Bari sia stata proposta dall'Assessore al Turismo e che il sindaco di Palermo Cammarata abbia commentato con un sorpreso "Potevano almeno avvisarmi" la proposta di candidatura voluta dal Governatore Lombardo e dall'Assessore Nino Strano (ebbene sì, lo stesso che ha mangiato mortadella in Parlamento per festeggiare la caduta del Governo Prodi) lascia intuire molto.
Andando più a fondo, però, si può capire come siano campata per aria queste candidature guardando lo stato in cui versano le città menzionate.

Bari ha un unico impianto sportivo veramente di Rilievo, il bellissimo Stadio San Nicola, che però è una cattedrale nel deserto. Per quanto Bari sia una città ben amministrata e una delle più "evolute" del Sud Italia, palesemente non è attrezzata in alcun modo ad ospitare una manifestazione di livello planetario come le Olimpiadi.

Il discorso per Palermo si fa ancora più serio, visto le gravissime inadempienze e lacune collezionate nel corso degli anni dalle amministrazioni cittadine, provinciali e regionali. Anche qui, un solo impianto sportivo di buon livello, lo Stadio Renzo Barbera, costruiuto -o sarebbe meglio dire "Raffazzonato"- per i Mondiali di Calcio del 1990, che ancora oggi, a 20 ANNI dalla manifestazione calcistica, ha tribune provvisorie e un centro per i media abusivo. Senza contare poi che l'Aeroporto, costruito secondo i piani proprio per i Mondiali di calcio, in realtà è stato terminato nel 2001 e l'anno dopo è entrato in funzione; Parlando di passate esperienze, non si possono chiudere gli occhi sulle organizzazioni pessime degli altri eventi internazionali che hanno interessato la Città, come le Universiadi 1997 e le vicissitudini penose legate alla trasferta svolta due anni prima dai membri del Comitato organizzatore, accompaganti da gentili consorti e maestranze, in quel di Fukuoka per "imparare dalla maniacale organizzazione giapponese".
Peccato che non abbiano imparato un tubo e si siano fatti pignorare beni artistici dalle autorità giapponesi perchè non erano stati saldati i debiti della megadelegazione.
Se poi contiamo i problemi che ancora oggi colpiscono la città e la Regione (caos rifiuti, infrastrutture mai portate a termine e fatiscenza di quelle in attività, mancata osservanza di norme ambientali, abusivismo, crisi idrica che ciclicamente si palesa ogni estate, scarsa ricettività alberghiera) mi domando come si faccia ad avere il coraggio anche solo di presentare una proposta per accogliere le Olimpiadi.

Il mio parere è che si voglia sfruttare l'occasione per incamerare un (bel) pò di soldi pubblici per poi farne quello che si vuole. Tanto poi (la Storia -leggasi Universiadi 1997- insegna) davanti alle inefficienze delle Amministrazioni periferiche corre lo Stato a mettere una pezza.

venerdì 16 ottobre 2009

Shame



Ho lasciato che passasse qualche giorno prima di scrivere questo post, dato che lo sconcerto e lo sdegno provato lo scorso venerdì causatimi dall'assegnazione del Premio Nobel per la Pace ad Obama avevano raggiunto livelli inenarrabili e, affinchè potessi scrivere qualcosa di decente, era necessario che quei sentimenti sbollissero.

Ora, detto schiettamente: Mi fa schifo Obama, mi fa schifo l'establishment che lo ha fatto eleggere (che temo faccia capo alla massoneria americana) e mi fa schifo la gente che osanna Barack come un Uomo Nuovo (sè proprio lui, la riproposizione giovane e mulatta di Ronald Reagan, non nel colore politico quanto nelle azioni).
Di grazia, qualcuno mi spiego cosa a portato quegli svitati norvegesi che conferiscono il Nobel per la Pace a scegliere il Presidente USA.

Perchè, in fin dei conti, Obama non ha fatto nulla di concreto per la pace. Tante belle parole, tante frasi fatte, come "voglio una nuova era tra Islam e Occidente", ma fatti pari ai famosi tituli mouriniani vinti da Ranieri e Spalletti lo scorso anno: Zero. Anzi, qualche fatto c'è stato: quattromila militari in più in Afghanistan (quando secondo Mr. President si sarebbe dovuto abbandonare il paese nel 2011, tra un anno e mezzo), Inizio del processo di chiusura di Guantanamo con detenuti scaricati altrove. I passi avanti fatti sullo scudo spaziale sono uno specchietto per le allodole, un pò come dire che in periodo di crisi si abbassano i prezzi.

La Commissione ha dichiarato che Obama "Ha dato una nuova speranza". Oddio, che scemenza. Credevo che i nordici fossero leggermente più svegli del resto dell'Occidente europeo, ma in effetti mi sbagliavo. Premiare con un Nobel qualcuno che crea speme mi pare uno scempio: siamo d'accordo sul fatto che il premio alla Pace sia stato spesso consegnato per sensibilizzare riguardo a dati temi (altra emerita castroneria), ma il più delle volte lo si è consegnato per meriti EFFETTIVI: così, ad esempio, è stato per Al Gore. Il vero problema è che oramai anche questo è diventato un premio politico...

Una delle battute più belle che ho letto su Facebook dopo l'assegnazione del Nobel al Kenyano d'America è questa:
" L'anno prossimo sai che faccio? Vado a Stoccolma "dichiarando" di aver scritto il romanzo perfetto. Vediamo se mi danno il nobel per la letteratura accontendandosi solo della mia "dichiarazione".

Per chi poi è amante della fantapolitica/fantascienza/fantatutto à la Voyager di Roberto Giacobbo consiglio di darsi un'occhiatina a questo Link:

http://falsoblondet.blogspot.com/2008/11/il-terzo-anticristo-giunto.html

Le Situazioni di Lui e Lei


Mi sono avvicinato a quest'anime essenzialmente per due motivi, uno collegato in via subordinata all'altro: il principale è che è frutto dello Studio Gainax, autore di anime leggendari come i già citati (in altri post) Il Mistero della Pietra Azzurra e Neon Genesis Evangelion; il motivo secondario è che a curare la regia originale (oltre che l'adattamento dal Manga) è stato Hideaki Anno (almeno fino all'Act 18, momento in cui il Regista abbandonerà il progetto dopo screzi con l'autrice del manga Masami Tsuda. Dall'episodio seguente, nonostante il suo nome continui ad apparire nella sigla d'apertura e chiusura sotto la dicitura "Regia", ad occuparsi di quest'aspetto è stato Kazuya Tsurumaki).In effetti il tocco di Anno si vede, sia nell'introspezione psicologica dei due protagonisti (con continui riferimenti alla tematica cara ad Anno della "maschera", necessaria per avere successo e rispettare le convenzioni sociali) che nelle scelte prettamente "artistiche" della regia (lunghi fermoimmagine, frequente riproposizione di particolari scene...). Un effetto che spesso traspare nella visione delle puntate è il ricorso ricorrente a scene in bianco e nero, scritte ed onomatopee utilizzate forse proprio per ricordare e omaggiare l'origine su carta di "Lui & Lei". Inoltre è da sottolineare l'inusuale poesia di alcune sequenze, come quelle del sotto-episodio "Sotto I Ciliegi In Piena Fioritura" e nel momento in cui i due protagonisti hanno un rapporto sessuale.

La Trama è presto detta: Nel pieno della recessione economica giapponese degli anni '90 (crisi purtroppo ancora persistente in Giappone) due ragazzi-modello frequentanti la scuola superiore della Prefettura di Kanagawa, il borghese Soichiro Arima, campione di Kendo, ottimo studente e con un'infanzia turbolenta, e Yukino Miyazawa, ragazza di bassa estrazione sociale ma dotata di una grande ambizione e un forte spirito competitivo, da perfetti sconosciuti e all'occorrenza nemici diventano prima collaboratori, poi amici e finalmente fidanzati.
Ovviamente, come se si trattasse di un Promessi Sposi in salsa pop, il loro amore verrà intralciato da diversi ostacoli: I professori, che notano un calo di rendimento nello studio di entrambi, il Latin Lover Hideaki Asaba, la pragmatica Maho Izawa e l'irrazionale Tsubasa Shibahime, che cercheranno di dividere i due non riuscendoci e, anzi, divenendone amici.
Molto scontata ma ben congeniata l'idea di raccontare la storia d'amore adolescenziale mantenendo sullo sfondo l'immagine del moderno Giappone, visto (d)al suo interno come un colosso in decadimento, in cui il tenore di vita si sta drasticamente abbassando e la criminalità, specialmente giovanile, si macchia di crimini sempre più efferati. Scelta che pare attuata quasi a contrapporre la felicità individuale alla depressione nazionale.
Il plot principale poi viene sporadicamente abbandonato per dedicare una puntata o parte di essa alle vicissitudini dei co-protagonisti e dei genitori di Yukino, vera e propria primadonna della storia.

Personalmente credo che i punti più alti della serie si debbano individuare nella parte di anime diretta da Anno (come già ribadito, fortemente psicanalizzatrice)e nella terz'ultima puntata, montata in modo molto inconsueto ma contenente una bella riflessione sul ruolo del sentimento amoroso nella vita umana. Uno dei momenti meno riusciti è rappresentato, secondo me, dall'ultimo episodio, in cui, nonostante qualche chicca (come il "meta-anime" tra Asaba e Rika) veramente troppi eventi vengono condensati in pochissimi minuti (il rinascere in Arima dei sentimenti malvagi e devianti che aveva cercato di assopire dentro di sè, l'amore di Tonami per la sua ex aguzzina, la recita teatrale solo annunciata e mai mostrata, lo scarso approfondimento della figura di Maho, solo per citare le lacune più vistose) e il canovaccio viene interrotto sul più bello con un laconico "A Tutti loro, auguriamo la più grande Felicità".

Artisticamente si tratta di un anime veramente valido, sia nella accezione classica del disegno che negli escamotage usati perlopiù nelle ultime puntate (uso di riprese di attori in carne ed ossa, uso di disegni inanimati, uso del collage); conoscendo le passate esperienze di Gainax (leggasi Evangelion) , mi viene da pensare che siano stati usate queste tecniche più "convenienti" a causa dei problemi finanziari a cui spesso lo Studio deve far fronte. Nulla che però tolga fascino e stile all'anime. Da segnalare, inoltre, molte citazioni ad altre opere sia dello studio Gainax (piuttosto palesi quelle rivolte a Neon Genesis Evangelion) che ad altri mostri sacri dell'industria dell'anime, come il Totoro di Hayao Miyazaki.

Come concludere questo intervento?
Sinceramente, non lo so nemmeno io.

Personalmente ho trovato alcune parti dell'anima piuttosto inutili o eccessivamente romanzate; inoltre la "tranciatura" del plot, lasciato eccessivamente incompiuto (si poteva ammettere una lacunosità finale generata dal fatto che l'anime termini praticamente al 7 Tankobon su 21, ma così com'è sembra davvero un prodotto chiuso in fretta e furia) mi ha lasciato abbastanza insoddisfatto.
Comunque, Kare Kano è un anime che sa farsi voler bene, sa divertire e invogliare alla visione. Dovessi dargli un voto, mi esprimerei con un 7,5.

Chiudo la scrittura con la bellissima sigla d'apertura dell'anime, "Angel's Promise".



[7,5]

martedì 6 ottobre 2009

Brand New Idol: Uwe Boll

Ovvero, l'Ed Wood (anzi, ancora meno) del XXI secolo.


Il nostro eroe, nato nel 1965 a Wermelskirchen in Germania e laureato in Letteratura nel 2005, è un regista, sceneggiatore e produttore cinematografico (tutte parole piuttosto immeritate,a dire il vero).
La sua carriera nel mondo della celluloide inizia nel 1992, quando interpretata, scrive e dirige German Friend Movie, film autoprodotto che, a sopresa, conquista il quarto posto al Box-Office tedesco e proietta Boll nell'empireo tedesco dei giovani cineasti di talento (status che perderà poco dopo grazie a una serie di film inguardabili).
Il "successo" dei suoi film lo convince a creare nel 1995 Boll KG, società di produzione da cui Uwe trae fondi per i suoi film. Il modo in cui Uwe ottiene finanziamenti per i suoi film è quantomeno originale: Sfruttando una controversa norma tedesca che finanzia i film che sono stati fallimentari al botteghino, il nostro si accaparra fondi pubblici con cui acquista diritti di serie di videogiochi piuttosto conosciute (come House Of The Dead, BloodRayne e Far Cry ) per farne trasposizioni cinematografiche -ovviamente- di infimo livello.
Grazie a Dio il legislatore tedesco ha eliminato quella norma, ma Uwe si è affrettato a dichiarare di avere già i fondi per i prossimi tre film...

Riguardo al film che ha fatto conoscere -in senso negativo- Uwe Boll, House Of The Dead, riporto un intervento di HIR0, utente di Eurogamer.it

E' House of the dead, film davvero brutto come pochi, che lancia la leggenda Uwe Boll. Lo stesso Dr. Boll (come ama farsi chiamare per via della laurea in letteratura) si lamenta di un pessimo script, ma dire che non fa niente per rimediare è poco.
I primi quindici minuti sono più che esplicativi:

* la voce narrante di uno dei protagonisti presenta un paio di personaggi a caso e, in tono epico-malinconico, annuncia la tragedia di lì a venire
* i suddetti protagonisti giungono in ritardo al molo dove una nave avrebbe dovuto portarli verso un`isola in cui si sta svolgendo un memorabile rave party
* vengono accolti da Clint Howard, il quale non è assolutamente intenzionato ad accompagnarli perchè il posto in questione si chiama "Isola della Muerte" e vi succedono cose malvage e innominabili
* il protagonista arriva ad offrire ben mille dollari pur di partecipare al memorabile rave, e finalmente convince Jurgen Prochnow, il cui personaggio si chiama (giuro) Capitano Kirk
* il suddetto rave meritevole di mille dollari extra si configura come uno spiazzo in una foresta in cui si trova un palco comprensivo di enorme striscione della Sega e di due cubiste in topless, e di ben 30 (trenta) avventori
* a questo punto del film lo spettatore ha già dimenticato sia chi fosse la voce narrante all'inizio, sia chi fossero i personaggi che presentava: l'unico modo per saperlo è riavvolgere.

Il resto del film prosegue sullo stesso ritmo:
* la recitazione è poco convinta, al punto che si può leggere indecisione e/o sconforto negli occhi degli attori. Il budget, considerando che il film è uscito nelle sale di tutto il mondo, è ridicolmente basso: il trucco degli zombi è amatoriale e superficiale, e addirittura un personaggio che dovrebbe avere la guancia scarnificata ha in realtà una specie di bistecca cruda attaccata in faccia con visibile nastro adesivo; inoltre si vedono le rampe da cui
saltano gli stuntmen/zombi durante le esplosioni.
* il senso del ritmo di narrazione è inesistente, così come il gusto per le inquadrature (diversi campi larghi che azzerano il coinvolgimento e svelano la debolissima coreografia) o la cognizione di montaggio.
* le scene d'azione sono sproporzionatamente lunghe e ripetitive, composte di tre sole idee: gente che spara a raffica alla cieca e zombi che cascano come birilli, una vertiginosa inquadratura in bullet time per ogni personaggio il cui unico effetto è il mal di
mare e, il vero colpo di genio trash, insistiti inserti-flash tratti dal videogame originale (a che pro? mostrare la fedeltà a un paio di ambientazioni?)
* i dialoghi sono un'offesa all'intelligenza, e includono chicche del tipo "Hai fatto tutto questo per diventare immortale. Perchè?" "Per vivere per sempre!"
* non parliamo delle singole, incomprensibili, stupide azioni dei personaggi, o la disinvoltura con cui un gruppo di comuni ventenni per di più reduci da un rave maneggino armi come agenti SWAT
* a questo punto è superfluo aggiungere che non c'è nessuna "casa dei morti", quanto al massimo un' isola e una baracca di legno.

Le reazioni di critica e pubblico sono feroci, gli incassi (3 milioni in tutto il mondo) esigui. Uwe Boll viene pesantemente offeso e ridicolizzato sui forum di mezzo mondo, ma lui tira dritto e nel 2005, due anni dopo il film che lo ha consacrato come pessimo regista, arriva l'alloro finale: quello di peggior regista vivente, conseguito grazie all'adattamento di un altro videogame: Alone in The Dark, con Tara Reid nel cast, ma estremamente trash e di pessima qualità. Tra i fan è ancora accesa la discussione su quale sia il peggiore tra i due film tratti da giochi. Io propendo per House Of The Dead.
Comunque, anche questo film ispirato al Survival Horror Infogrames-Atari si rivela un fiasco, fiasco a cui i fan rispondono con nuovi insulti e prese in giro. Infuriato, Boll appare su Youtube con un video in cui parla a ruota libera: risponde alle canzonature e dichiara che smetterà di fare il regista se una petizione aperta con questo fine raccoglierà almeno un milione di firme.
Due giorni dopo, sono già 150mila le sottoscrizioni. Al chè il nostro riappare online, si rimangia ciò che ha detto nel video precedente, se la prende con Eli Roth e Michael Bay (suoi colleghi nella realizzazione di film pessimi, ma senza la maestria di Boll a dire il vero) e, dulcis in fundo, sfida apertamente i suoi detrattori in un match di Boxe, che il tedesco vincerà.

Nel frattanto esce nei cinema BloodRayne, con un cast a dire il vero di buon livello tra cui spiccano Ben Kingsley, Kristanna Loken e Billy Zane, ma che si rivela ineguagliabilmente scarso e con incassi penosi. Nonostante ciò, Uwe è già al lavoro su due Sequel, oltre che su altri mirabolanti progetti.

Nel 2009 il nostro, oramai unanimemente riconosciuto come peggior regista professionista vivente, vince due Razzie Awards: come peggior regista e peggior carriera.
Signori e Signore, Standing Ovation.

Qui sotto la versione ridotta (fatta dallo stesso Boll!) in 10 minuti di House Of The Dead. Enjoy!