lunedì 28 marzo 2011

The Saboteur


Come in ogni ramo dell'industria dell'intrattenimento, ci sono prodotti di una pochezza assoluta che conquistano fama e vendono a sacchi e quelli che, nonostante un lavoro più che discreto, passano non si sa come in secondo piano rispetto ad essi. The Saboteur, prodotto da EA e sviluppato da Pandemic nei suoi ultimi giorni d'esistenza, rientra in questa seconda categoria. Non saprei spiegarmi come sia possibile che un gioco tutto sommato buono come questo non abbia avuto la fortuna che meritava. L'unica spiegazione che mi sono dato è che forse sui destini commerciali del gioco hanno influito la poca fiducia di EA nella buona riuscita del prodotto e la situazione di precarietà in cui versava lo studio di sviluppo. Ma procediamo con ordine.

The Saboteur è un sandbox multievento (sulla falsariga di Grand Theft Auto, con aggiunte di fasi da Third Person Shooter con telecamera "a spalla", fasi di scalata prese di peso da - e rese più toste rispetto a - Assassin's Creed e sessioni di guida puramente arcade) che mette il giocatore nei panni di Sean Devlin, irlandese tutto d'un pezzo che di mestiere fa il pilota per la Morini, casa automobilistica italiana. Suo antagonista in pista è Kurt Dierker, un incrocio tra Michael Schumacher e Adolf Hitler, che a causa di una vittoria contestata uccide il miglior amico di Sean e si dirige come ufficiale del Reich a Parigi, per amministrare la città e prepararsi al Gran Premio che quivi si svolgerà. Sean, arso dalla rabbia e dalla sete di vendetta, ripara anch'esso nella Ville Lumiere, entra a far parte della resistenza per sabotare i piani nazisti e collabora con l'MI6 inglese per recuperare un misterioso artefatto che porterà a tragici epiloghi le vite di molti nella città sulle rive della Senna. Detta così la trama può sembrare piuttosto stupidotta (e non nego che lo sia, un gerarca-pilota?!), ma è comunque capace di intrattenere e garantire una gran diversità di missioni e situazioni all'interno del gioco. Inoltre, i personaggi sono azzecati e dotati di tutti i tratti ben delineati. Su tutti svetta ovviamente il nostro Sean, un action hero in piena regola: faccia da schiaffi alla Gerard Butler, sprezzo del pericolo, battuta pronta e lingua tagliente, tombeur de femmes in piena regola. A dar man forte alla giusta caratterizzazione dei personaggi ci si mettoni i dialoghi, quasi sempre sopra le righe e nel pieno dello spirito di decadi di cinema d'azione americano.

Come da tradizione per i giochi Pandemic, le missioni e gli obiettivi sono migliaia (giusto per rendere un'idea, nella sola zona 1 di Parigi le infrastrutture tedesche da far esplodere sono per lo meno 300) e comprendono corse d'auto clandestine, recupero di merce di contrabbando, assassinii, instaurazione di sommosse popolari, minigiochi...insomma, diciamo che è pressochè impossibile annoiarsi e che i completisti troveranno pane per i loro denti, anche a causa del fatto che l'azione non si svolgerà solo nella capitale transalpina, ma anche delle campagne della Champagne- Ardenne, al confine franco-tedesco e nella città di Calais.

Artisticamente, il gioco è sublime: I colori sono vividi e sgargianti, le varie ambientazioni e i mezzi di locomozione sono riprodotte a regola d'arte, la colonna sonora è sensazionale(seppure piuttosto scarna), in gran parte composta da canzoni da piano bar, come la famosissima Feeling Good di Michael Newley. Ad aggiungere fascino alla già meravigliosa Parigi riprodotta, ci si mette poi l'idea di presentare in bianco e nero le zone sottoposte alla dominazione hitleriana (stesso stratagemma utilizzato da Steven Spielberg in Schindler's List, se volessimo fare un confronto), lasciando che ad essere in multicolor siano sono le zone liberate dalla Resistenza. L'effetto da film noir anni '40 è assicurato. Ricordo ancora l'arrivo al Belle de Nuit (il locale di burlesque di Montmartre in cui avranno inizio le gesta di Sean) come se fosse ieri, in un bianco e nero contrastatissimo, sul lungosenna battuto dalla pioggia torrenziale di fine estate, con in sottofondo una canzone di Nina Simone. Simply amazing.

Ad aggiungere pepe al gioco, c'è anche la componente "sessuale", solo accennata ma comunque piuttosto presente nel gioco: ad esempio, quando inseguito, il nostro potrà andare a nascondersi per bordelli (con tanto di risolini sexy della prostituta). Per non parlare poi del DLC "Le Spectacle de La Minuit", con cui si potranno vedere le spogliarelliste del club succitato in topless, o delle "ricompense" che Sean otterrà sempre al Belle dopo aver sconfitto Kurt.

Cosa può intervenire a rovinare un così bell'affresco? un gameplay sì vario, ma ripetitivo sul lungo periodo, soprattutto per quanto concerne le fasi di sabotaggio o la ricerca di collectibles, un livello di sfida non proprio da impresa se non nella quest principale, e un bel pò di magagne tecniche. L'engine di gioco, per quanto buonissimo, non lesina pop-up e vistosi cali di frame rate, per non parlare di un palese tearing nelle situazioni più concitate. Inoltre non manca qualche bug, come sempre quando si parla di open world: personalmente più di una volta ho visto soldati nazisti camminare con le gambe infilate nel terreno fino alle ginocchia, o perfino camionette volanti che vanno a sbattere contro la cima dell'Arco di Trionfo. Difetti troppo grossi per parlare di ottimo gioco.

[7,5]

Scott Pilgrim Vs. The World


Una sola cosa prima della recensione: Questo film, secondo me, spacca.

Il film (riproposizione su celluloide dell'omonimo fumetto di Brian Lee O'Malley - riproposizione invero molto fedele) narra le vicende del 22enne Scott, bassista dei Sex Bob-Omb, fidanzato con una diciassettenne cino-americana che improvvisamente conosce Ramona Flowers, bizzarra corriera di Amazon. Ma tra lui e la policroma (in fatto di capelli) Ramona si frappongono i sette ex malvagi fidanzati di lei, riunitisi in una lega e intenti a impedire alla Flowers di intrattenere rapporti amorosi duraturi con chichessia. Per coronare il suo sogno, il prode Scott dovrà sfidarli in combattimento e sconfiggerli, uno dopo l'altro. Ce la farà?

Senza svelarvi altro sulla trama se non che i due riusciranno nei loro intenti, C'è da dire che la pellicola ha una serie di punti di forza che non possono far altro che sedurre il pubblico, soprattutto quello più giovanile: Primi tra tutti i tanti richiami "nerdici" a quell'immaginario fatto di fumetti, videogiochi, rock'n'roll e film culto in cui tutti quelli nati dalla seconda metà degli anni '80 in poi hanno sguazzato, che non possono che far gioire lo spettatore con il gusto della citazione. A ciò si aggiunga una colonna sonora da urlo che contiene, tra le altre, la grandiosa Black Sheep dei Metric e un aspetto visivo personalissimo e riuscitissimo, che mischia realtà a trovate visive in pura pixel-art anni '80, e una serie di attori perfettamente calati nella parte, primo tra tutti Michael Cera, che reinterpreta in modo originale il personaggio protagonista, che nel fumetto mi sembrava più "tutto d'un pezzo". Da notare la presenza nel cast di Chris Evans (la torcia umana dei Fantastici 4) e Anna Kendrick, vista accanto a George Clooney nell'agrodolce Tra Le Nuvole.

Secondo me non si può restare delusi da un film come Scott Pilgrim Vs. The World: il ritmo è sempre incalzante, ottimo cast per ottimi personaggi e tanto divertimento. Peccato che il pubblico l'abbia snobbato alla sua uscita in sala.

[9,0]

mercoledì 23 marzo 2011

A Cosa Pensano Gli Uomini Oltre Al Sesso?


Sta facendo parlare di sè un libro scritto da tale Sheridan Simove da poco uscito in Inghilterra e che, suo malgrado, è diventato un piccolo caso letterario.
Suo malgrado perchè è solo una risma di pagine bianche. Quindi, quello a cui gli uomini pensano oltre al sesso è "un bel niente".
Divertente. Issimo. Oltre che originale.
E c'è pure gente che ha pagato 5 sterline scarse per comprarlo.
Che già a vedere la faccia dell'autore mi domando come abbia potuto trovare una risposta.

Gehddafi e Ahmadinejad Sono Così Diversi?



Più o meno un anno fa iniziavano le proteste in Iran contro la rielezione dell'ex sindaco di Teheran, a detta di molte fonti truccate e falsate. Ne abbiamo viste di ogni: registi incarcerati, leader dell'opposizione al confino, proteste di piazza in tutto l'Iran -con morti connessi- e perfino all'estero, dove gli iraniani emigrati chiedevano alle istituzioni occidentali (quelle che esportano la democrazia, per dirla con George W. Bush) di agire contro quello che loro stessi definivano "il nuovo Hitler".

Ora: da circa un mese la Libia è attraversata al suo interno da moti di protesta, sull'onda di quanto già verificatosi in Egitto, Tunisia, Bahrein e Yemen. Pure qui, dopo una serie di pericolose (per il regime) vittorie degli Insorti, il Colonnello ha iniziato a rispondere con le cattive, arrivando a bombardare le città in mano ai ribelli.

Certo l'escalation nell'ex colonia italiana è stata più cruenta e meglio documentata, tanto che perfino Ahmadinejad fa il bue che dice "cornuto" all'asino chiedendo a Gheddafi di farsi da parte e accontentare il suo popolo.
Ma al di là di queste piccolezze, perchè si è deciso di agire ora in Libia e non un anno fa in Iran?

Partiamo col dire che Teheran, nonostante tutto, fa paura, a differenza di Tripoli, che non ha nemmeno carburanti a sufficienza per far volare i suoi caccia fino in Italia. La Repubblica Islamica ha l'atomica e le armi batteriologiche, e se si fosse reso necessario non avrebbe esitato ad usarle. Gheddafi al momento, più che arringare il popolo in Tv, non può far molto.

Guardiamo anche chi è stato a volere l'attacco: la Francia di Nicolas Sarkozy, prossimo a una tornata elettorale. Sarà che i galletti non hanno fatto una bellissima figura con Mubarak e Ben Alì, storici alleati molto legati all'Esagono. Sarà che le industrie francesi hanno pesanti interessi, guarda caso, in Iran (e sappiamo quanto possa pesare un veto nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu). Sarà che la Libia galleggia sopra un mare di petrolio -che fa sempre gola- e non è giusto che ne approfittino solo gli italiani.

Al di là della volontà da reclame di voler evitare un cosiddetto "nuovo Rwanda" sbandierata da Barack Obama, a me questa pare l'occasione giusta da parte di alcune forze occidentali per mettere le mani sul petrolio libico sfruttando la debolezza dello Stato, con buona pace per i valori democratici, che saranno sì alla base del movimento degli Insorti ma mai sono stati, a mio avviso, nei pensieri dell'establishment.

Giusto per fare un esempio: Obama applaudiva la riscossa democratica dell'Egitto, tant'è vero che adesso l'Egitto è in mano ai militari (che da che mondo è mondo tentano sempre di mantere il potere nelle loro mani) e a una autorità religiosa islamica, che non sta tanto a controllare se si uccidono i copti in nome di Allah piuttosto che alla tutela dei diritti inviolabili dell'uomo. Questo per tacere della farsa orchestrata per attaccare l'Iraq di Saddam Hussein.

A mio avviso si sarebbe dovuto agire in egual modo anche un anno fa nei confronti di Ahmadinejad, se ci si vuol ergere a paladini dei diritti umani come vogliono far credere Gran Bretagna (che criticava tanto l'Italia per gli stretti rapporti con la Libia dimenticando come hanno trattato i responsabili del caso-Lockerbie), Francia e compagnia.

E l'Italia? Boh, certo è che, a meno di usare a meraviglia le nostre innate abilità di trasformismo politico, il contraccolpo di una eventuale caduta di Gheddafi si farà sentire, essendo il Raìs proprietario del 2% di Fiat, del 7% di Unicredit, del 7% della Juventus e avendo lucrosi interessi con il nostro Governo. Certo è che gli unici che tentano di guadagnare qualcosa da questa azione sono Francia (che mira a mantenere un peso significativo nel Nord Africa) e Gran Bretagna.

giovedì 3 marzo 2011

Machete


Robert Rodriguez, quando si parla di film action esaltanti e dannatamente sopra le righe, è oramai una certezza. Dopo perle come il folgorante Desperado (che provvederò a recensire il prima possibile), Dal Tramonto All'Alba e Planet Terror, il cineasta messicano torna a deliziare gli amanti del cinema trash con Machete, che per me è stata una graditissima sorpresa.

La trama vede come punto focale il dipanarsi della vendetta di Machete Cortez, ex federale messo alle corde per due volte da un potente narcotrafficante e da un politico senza scrupoli. Come dice il nome stesso, il nostro avrà una spiccata predilezione per l'arma bianca, elemento grazie a cui il regista riesce a mettere su schermo sequenze degne del miglior cinema splatter e d'exploitation. Memorabile, divertente e spettacolare la scena in cui Machete sfregia in volto gli avversari usando una serie di bisturi legati a una sottile corda di stoffa, per poi usare gli intestini di uno di essi per calarsi da una finestra.

I più raffinati critici potrebbero dire che Machete ha anche un messaggio sociale, visto che sullo sfondo si agitano i temi dell'immigrazione clandestina e delle basse condizioni sociali dei messicani negli Stati Uniti. Io invece sostengo che si tratti solo di un pretesto necessario ai fini della trama, anche perchè tali temi sono solo accennati e mai approfonditi.

Visivamente, inoltre, il film è un vero capolavoro, tributo al cinema di Serie B anni '70 così apprezzato da Robert Rodriguez. Persino i filtri grafici e gli effetti speciali sono diretta derivazione di queli usati ormai quarant'anni fa. Vera chicca è l'aggiunta dell' effetto "pellicola vecchia" che da ulteriore fascino all'aspetto visivo. In linea con gli standardi di queli film sono anche le musiche, oramai ascoltate già mille volte ma in grado di far sentire a casa i fan di quel genere di cinema.

Ad impreziosire il tutto interviene poi un cast stellare, che comprende, oltre all'ormai mitologico Danny Trejo, gente come Robert De Niro, Jessica Alba, Lindsay Lohan, Michelle Rodriguez, Don Johnson, Steven Seagal. Per non parlare poi dei "recidivi", presenti in un pò tutti i film di Rodriguez, come Tom Savini e Cheech Martin.

Insomma, io ho trovato Machete un gustosissimo film grondante d'azione, con momenti che vanno dall'epico, all'esaltante passando anche per vere e proprie gag comiche nate dall'esagerazione di alcune situazioni. Aggiungeteci un sacco di donne supersexy (a tal proposito, ho rivalutato tantissimo Michelle Rodriguez) e le auto con le sospensioni idrauliche (a metà trà il leggendario e il divertente la scena del coerteo di messicani che vanno alla rivolta facendo saltare le sospensioni delle loro cadillac) e avrete quello che è uno dei migliori action movies dell'ultimo lustro. Avrei la tentazione di affibbiargli un 9, ma credo che peccherei di fanatismo, essendo io fan di questo tipo di cinema. Allora, rombando verso il tramonto texano, non posso che dare un voto leggermetente più basso ma d'altrettanto prestigio: 8,5.

[8,5]

Ultrà


Con questo articolo si apre una miniserie che potremmo intitolare in modo piuttosto esplicativo "Film italiani che non ha visto nessuno (tranne il sottoscritto)" e che al momento si compone di tre opere: Ultrà di Ricky Tognazzi, Giulia Non Esce La Sera di Giuseppe Piccioni e Ce n'è Per Tutti di Luciano Melchionna.

Partiamo quindi col descrivere questo film del 1991 di Tognazzi (proprio lui, quello della Glassa Ponti) nel cui cast spiccano Claudio Amendola e Ricky Memphis e che mira a porre su celluloide i vari aspetti del mondo del tifo violento. C'è da ammettere che lo scopo è in parte raggiunto (soprattutto per quel che concerne la ricostruzione della vita dei sedicenti tifosi dediti più alla spranga che non alla palla), ma come si vedrà alcune scelte di sceneggiatura hanno minato in modo pesante la buona riuscita del film.

La trama principale è quella che vede Principe, capo ultras romanista, uscire di galera con lo scopo di tornare ad essere a guida del tifo giallorosso. L'occasione per tornare potenti sarà una trasferta in casa della Juventus. Ovviamente la partita sarà un pretesto per venire a contatto con la frangia estremista del tifo bianconero e per venire alle mani con essa. A dare varietà al succedersi degli avvenimenti c'è una sottotrama che riguarda i rapporti tra Principe e Red, suo fratello e membro di spicco della tifoseria organizzata capitolina, che negli anni trascorsi dal protagonista in gattabuia medita la decisione di abbandonare la Curva e conquista la donna di Principe.

Parlando dei meri aspetti artistici del film, si può dire che la regia, nella prima parte del film fin troppo elementare, adotta uno stile quasi documentaristico nella ripresa delle battaglie tra tifosi e forze dell'ordine che esalta la cruda realtà degli scontri. A mio parere, la parte da Mockumentary è quella meglio riuscita della pellicola. Totalmente da bocciare invece la colonna sonora, composta da motivetti elettronici da B-Movie anni '80 e dall'immancabile -quando si parla della Maggica- "Grazie Roma" di Antonello Venditti.

La sceneggiatura si rivela (inaspettatamente) fedele alla realtà e di buon livello. A destabilizzarla però intervengono momenti veramente fuori luogo, come il "finto-stupro" che apre il film, la scenetta della partita di calcio sul letto della cella, le crisi di pianto di un tifoso durante il viaggio in treno che non possono non far sorridere. A migliorare la situazione però interviene il finale, di rara intensità drammatica. Direi che è proprio la sequenza di chiusura e la generale attinenza al vero che contraddistingue la descrizione delle dinamiche interne alla Curva riscono a risollevare il film ed evitare che si traduca in un papocchio di basso livello.

Pur essendo stato acclamato dalla critica, riuscendo a vincere due David di Donatello e il premio della critica alla Berlinale, comunque, ci troviamo davanti a poca roba, sia per i mezzi tecnici utilizzati sia per la storia raccontata, come detto molto fedele al vero ma a tratti banalotta.

Se si dovesse fare un raffronto con un altro grande film sul tifo violento, come il più recente Green Street Hooligans, parafrasando il gergo calcistico si potrebbe dire che Inghilterra batte Italia 2 a 1: se i due hanno in comune una generale attinenza al vero, là dove si evidenziano le pecche del film italiano emergono i meriti del film di Lexi Alexander, che ha potuto contare sicuramente su più cospicui capitali e su una sceneggiatura più omogenea. Di stima, però, una sufficienza la concedo.

[6,0]