mercoledì 23 marzo 2011

Gehddafi e Ahmadinejad Sono Così Diversi?



Più o meno un anno fa iniziavano le proteste in Iran contro la rielezione dell'ex sindaco di Teheran, a detta di molte fonti truccate e falsate. Ne abbiamo viste di ogni: registi incarcerati, leader dell'opposizione al confino, proteste di piazza in tutto l'Iran -con morti connessi- e perfino all'estero, dove gli iraniani emigrati chiedevano alle istituzioni occidentali (quelle che esportano la democrazia, per dirla con George W. Bush) di agire contro quello che loro stessi definivano "il nuovo Hitler".

Ora: da circa un mese la Libia è attraversata al suo interno da moti di protesta, sull'onda di quanto già verificatosi in Egitto, Tunisia, Bahrein e Yemen. Pure qui, dopo una serie di pericolose (per il regime) vittorie degli Insorti, il Colonnello ha iniziato a rispondere con le cattive, arrivando a bombardare le città in mano ai ribelli.

Certo l'escalation nell'ex colonia italiana è stata più cruenta e meglio documentata, tanto che perfino Ahmadinejad fa il bue che dice "cornuto" all'asino chiedendo a Gheddafi di farsi da parte e accontentare il suo popolo.
Ma al di là di queste piccolezze, perchè si è deciso di agire ora in Libia e non un anno fa in Iran?

Partiamo col dire che Teheran, nonostante tutto, fa paura, a differenza di Tripoli, che non ha nemmeno carburanti a sufficienza per far volare i suoi caccia fino in Italia. La Repubblica Islamica ha l'atomica e le armi batteriologiche, e se si fosse reso necessario non avrebbe esitato ad usarle. Gheddafi al momento, più che arringare il popolo in Tv, non può far molto.

Guardiamo anche chi è stato a volere l'attacco: la Francia di Nicolas Sarkozy, prossimo a una tornata elettorale. Sarà che i galletti non hanno fatto una bellissima figura con Mubarak e Ben Alì, storici alleati molto legati all'Esagono. Sarà che le industrie francesi hanno pesanti interessi, guarda caso, in Iran (e sappiamo quanto possa pesare un veto nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu). Sarà che la Libia galleggia sopra un mare di petrolio -che fa sempre gola- e non è giusto che ne approfittino solo gli italiani.

Al di là della volontà da reclame di voler evitare un cosiddetto "nuovo Rwanda" sbandierata da Barack Obama, a me questa pare l'occasione giusta da parte di alcune forze occidentali per mettere le mani sul petrolio libico sfruttando la debolezza dello Stato, con buona pace per i valori democratici, che saranno sì alla base del movimento degli Insorti ma mai sono stati, a mio avviso, nei pensieri dell'establishment.

Giusto per fare un esempio: Obama applaudiva la riscossa democratica dell'Egitto, tant'è vero che adesso l'Egitto è in mano ai militari (che da che mondo è mondo tentano sempre di mantere il potere nelle loro mani) e a una autorità religiosa islamica, che non sta tanto a controllare se si uccidono i copti in nome di Allah piuttosto che alla tutela dei diritti inviolabili dell'uomo. Questo per tacere della farsa orchestrata per attaccare l'Iraq di Saddam Hussein.

A mio avviso si sarebbe dovuto agire in egual modo anche un anno fa nei confronti di Ahmadinejad, se ci si vuol ergere a paladini dei diritti umani come vogliono far credere Gran Bretagna (che criticava tanto l'Italia per gli stretti rapporti con la Libia dimenticando come hanno trattato i responsabili del caso-Lockerbie), Francia e compagnia.

E l'Italia? Boh, certo è che, a meno di usare a meraviglia le nostre innate abilità di trasformismo politico, il contraccolpo di una eventuale caduta di Gheddafi si farà sentire, essendo il Raìs proprietario del 2% di Fiat, del 7% di Unicredit, del 7% della Juventus e avendo lucrosi interessi con il nostro Governo. Certo è che gli unici che tentano di guadagnare qualcosa da questa azione sono Francia (che mira a mantenere un peso significativo nel Nord Africa) e Gran Bretagna.

Nessun commento:

Posta un commento