martedì 26 luglio 2011

Demotivational #1

Da circa 8 secondi ho deciso che da oggi una nuova rubrica mensile dedicata ai demotivational, quelle immagini in sfondo nero che piacciono tanti a chi naviga in rete, farà capolino nel mio blog. Ne proporrò un trio ogni trenta giorni, giusto per scrivere post senza troppa fatica.


I Posto:


II Posto:


III Posto:

The Social Network


Caso cinematografico dello scorso anno, vincitore di 4 Golden Globe e 3 Academy Awards, The Social Network racconta la storia della nascita di Facebook, la creatura di Mark Zuckerberg che l'ha reso l'under 25 più ricco al mondo. Ma è tutta farina del sacco di questo (ex) nerd che studiava ad Harvard? Pare proprio di no, visto che un network molto simile (Harvard Connection) era stata proposta a Zuckerberg da altri tre studenti, risarciti profumatamente.

Al di là della storia che narra gli anni della nascita e dell'esplosione del fenomeno di Facebook (ispirati al libro denuncia Miliardari per caso - L'invenzione di Facebook: una storia di soldi, sesso, genio e tradimento) molti sono gli spunti interessanti del film.

Anzitutto, la caratterizzazione a tinte fosche del personaggio principale, Mark Zuckerberg (interpretato magistralmente da Jesse Eisenberg), molto lontano dall'immagine che di lui ci viene offerta da giornali o servizi televisivi. Quello di The Social Network è un programmatore restio al contatto umano, vendicativo, senza scrupoli ma incredibilmente dotato per quello che fa, arma che suo a suo vantaggio. Come si può notare, ben diverso dal nerd generoso e sociale che lo stesso Zuckerberg si sforza di sembrare.

Ammirevole anche lo spaccato della vita universitaria americana che offre il film: Quella di Harvard è una gioventù brulicante di vita e di idee, costantemente in fermento, inserita in un contesto stimolante come il campus della celebre università. Se vogliamo, una comunità che non piace ai membri del CdA, soprattutto quando dicono che al giorno d'oggi i giovani "più che cercare un lavoro preferiscono inventarselo". C'è comunque da riconoscere questa particolare vivacità intellettuale, molto lontana dal nostro stilema di "Università".

Infine, notevole è anche l'analisi condotta da Fincher, attraverso la sceneggiatura di Sorkin -che è considerabile come il vero punto di forza della pellicola, sui rampolli delle famiglie perbene che vivono nel campus, intente più a rispettare il protocollo, l'aparenza e l'etichetta salvo poi farsi "bagnare il naso" dall'ultimo arrivato.

Io consiglierei vivamente la visione del film, nonostante la lentezza della sequenze iniziali possano spingere a dedicarsi ad altro dopo pochi minuti. Rende bene l'idea di cosa siano i "nativi digitali" e delle infinite possibilità che il computer offra oggi in termini di arricchimento (troppo?) facile e di riscatto sociale -non a caso, Zukerberg ha inventato Facebook per ripulirsi dopo lo scandalo FaceMash, con cui violò le reti di sicurezza di Harvard e creò un sito dove mettere a confronto la bellezza delle ragazze di Harvard-. A insaporire il tutto, poi, interviene una parte "legale" inserita perfettamente nel contesto e qualche trovata molto divertente (sebbene non ci veda quel capolavoro "immenso ed ironico" di cui hanno parlato Rolling Stone e il Time).

[9,0]

venerdì 22 luglio 2011

Valkyrie Profile: Covenant Of The Plume


Quello di Valkyrie Profile è uno dei nomi meno conosciuti tra quelli legati all'universo Square Enix, eppure ogni iterazione del brand ha saputo farsi notare da un'ampia schiera di giocatori, soprattutto grazie alla qualità di ogni singolo episodio di questa saga strategico-ruolistica.

Covenant Of The Plume
è il terzo capitolo della saga della Valchiria (dopo l'originale Lenneth e il successivo Silmeria) e vede il giocatore calarsi nei panni di Wylfred, uomo animato da un forte odio per le Valchirie, colpevoli della morte del Padre e della successiva rovina che ha colpito la famiglia. Il fatto che l'anima del genitore riposi nel Valhalla in attesa della battaglia finale non è che una falsa consolazione.
Conscia di questo astio, la Regina del Nilfheim (il regno della perdizione e della dannazione, contrapposto ad Asgard, la città celeste, e Midgard, il mondo degli umani) offre a Wylfred la possibilità di vendicarsi, stringendo con lui un patto: Lui dovrà lottare fino a sconfiggere Lenneth, la Valchiria, in cambio essa lo doterà della Piuma della Dea, un'arma in grado di sprigionare una forza incredibile in chi la utilizza, salvo poi portarlo a certa morte.
Wylfred accetta e, vagando per il regno di Artolia, in cui serpeggiano carestie, rivolte e sordide trame si consumano nei palazzi del Potere, giungerà infine dinanzi all'ancella del dio Odino.

Il finale rimane tutto da scrivere, perchè le azioni di Wylfred andranno a incidere in modo determinante sul susseguirsi degli eventi: in proposito, sono previsti tre finali, e un singolo playthrough si attesta attorno alle 12 ore. Garanzia di longevità.

Quanto al gameplay, Tri-Ace ha allestito un ottimo ibrido tra Gioco di ruolo strategico a turni e gioco d'azione, in cui fondamentali saranno la disposizione dei propri alleati sul campo di battaglia (necessari per porre in essere delle tecniche d'attacco visivamente affascinanti e devastanti sugli avversari), un sapiente uso degli item e, come logico che sia, una sana perseveranza, soprattutto nelle ultime tre-quattro ore di gioco dove, a dispetto di una IA poco raffinata e una difficoltà definibile come tutto fuorchè proibitiva che si sono incontrate per tutto l'arco del gioco, le cose si fanno dannatamente difficili.
Essenziale risulta essere anche la capacità di potenziare al meglio i propri alleati, in virtù di una impalcatura molto "story-driven" e della pochezza delle missioni secondarie, e di scegliere quelli con cui arrivare in fondo, dato che l'utilizzo della Piuma porterà a un drastico ridimensionamento del party che si andrà a formare.

Proprio l'uso della Piuma, il perno del gameplay di questo gioco per Nintendo DS, si rivela essere una lama a doppio taglio: permette di passare indenni i momenti più concitati (abbassando però drasticamente il livello di sfida), ma costringe a privarsi di membri del party.
Per scongiurare un continuo ricorso all'arma divina, gli sviluppatori hanno pensato di alterare gli avvenimenti di gioco a seconda dell'uso di essa: in parole povere, se utilizzerete troppo spesso l'oggetto donatovi della Regina Hel, vi troverete anzitempo a lottare contro le Valchirie, fatto che porterà a una sconfitta certa.

Per quanto affascinante possa apparire un RPG nel mondo norreno (e in effetti lo è, anche grazie al rigore con coi gli sceneggiatori si sono attenuti all'immaginario di quella mitologia), qualche difetto emerge, specialmente dal punto di vista tecnico: gli sprite che animano i personaggi (riprodotti in 2d in un mondo 3d a visuale isometrica) sono alquanto grezzi, soprattutto nelle inquadrature ravvicinate; la curva di difficoltà, come già accennato, risulta eccessivamente irta nelle ultime missioni. Per alcuni, potrebbe anche essere un freno la mancata localizzazione in italiano (il gioco è totalmente in inglese, per di più in un inglese arcaico, comunque sufficientemente comprensibile per chi mastica l'idioma che fu di Marlowe e Shakespeare).

Ottime invece le musiche composte per l'occasione da Motoi Sakuraba (anche se qualche componimento in più non avrebbe guastato), dimenticabili le poche frasi oggetto di doppiaggio (a tal proposito, gli eventi vengono narrati attraverso videate statiche in cui interloquiscono gli artwork dei personaggi o attraverso manifesti affissi nelle bacheche delle taverne del Regno).

Per quanto mi riguarda, ho apprezzato moltissimo questo Valkyrie Profile: la storia, non solo quella di Wylfred ma anche quella parte che coinvolge i comprimari, è emozionante e immersiva (anche i finali sono bellissimi, e in nessun caso forzati), sembra veramente di trovarsi davanti a un'opera di Wagner. Inoltre il team di sviluppo ha dimostrato grande coraggio nell'accostare due generi (azione e tattico) che poche volte hanno comunicato in così maniera così felice e convincente. Consigliatissimo.

[9,0]

martedì 19 luglio 2011

Referendum & Manovra 2011


Ci ho messo un po' (soprattutto per impegni personali) ma non potevo evitare di dire la mia sia sulla tornata referendaria del mese scorso, sia sulla manovra "lacrime e sangue" che è passata venerdì scorso all'esame parlamentare.

Partiamo dal più vicino tra i due avvenimenti, almeno dal punto di vista temporale: la Manovra che, secondo Tremonti, dovrebbe portarci al tanto agognato pareggio di bilancio nel 2014.
Di mio, penso che una manovra del genere servisse, e anche tanto, visto l'immane grandezza del nostro debito pubblico. Tuttavia, come è costume per l'Italia, si aspetta sempre di essere sull'orlo del baratro (rappresentato in quest'occasione dagli attachi degli speculatori finanziari) prima di agire con rigore e fermezza. Giusto per fare un esempio, una manovra simile la Germania, che di problemi grossissimi non ne ha mai avuti, l'ha fatta nel 2005. Oggi è l'unica nazione dell'Eurogruppo a godere di buona salute, sia sul piano finanziario che dell'economia reale.
Tutto sommato ritengo che la manovra sia accettabile, ma qualche critica ci sta.
Anzitutto, i tempi. Le speculazioni ci sono oggi, non nel 2014, e mi pare insensato lasciare la stragrande maggioranza dei tagli nel biennio 13-14. So che una maggiore incisività della manovra avrebbe con tutta probabilità scatenato il malcontento popolare (se ci si è infervorati per 10 euro di ticket in codice bianco...), ma a mali estremi estremi rimedi, in mia opinione.
Inoltre, i mancati tagli ai costi della politica, che tanto fanno cruogiolare gli amanti dell'antipolitica. Giusto e sacrosanto che si abbassi il costo della macchina statale (specialmente guardando ai risultati conseguiti), ma credo non sia una cosa fattibile dall'oggi al domani. Prma di tutto, perchè le province sono organo dello Stato previsto in Costituzione e per eliminarle dovrebbe servire (se non erro) una Legge Costituzionale. Le indennità parlamentari senza ombra di dubbio vanno invece tagliate, almeno del 50% (considerando che un parlamentare medio guadagna 144.000 euro netti, passare a 72.000 non mi pare così grande perdita). Ma c'è da intervenire anche sulle Regioni, altro organo dove ci si porta a casa senza grossi intoppi 10-12.000 euro mensili.

Ora, il Referendum. A chiare lettere, secondo me la vittoria del fronte del "Sì" è stata una pietra tombale su un ipotetico sviluppo del Paese. Sì, perchè se nulla questio per quanto riguarda il legittimo impedimento (sia perchè la legge proposta dal punto di vista giuridico era una vaccata immane, sia perchè,vista l'umanità che compone la nostra attuale classe dirigente, in Italia un istituto del genere non ce lo possiamo permettere), tanto invece ci sarebbe da rimostrare sui quesiti sul nucleare e l'acqua.

L'affaire nucleare è stato il remake di quanto avvenne alla fine degli anni '80, con il referendum seguito a Chernobyl. Stavolta ci si è messa Fukushima, e la demagogia l'ha avuta facilmente vinta. Tutti a intimorire la gente con il "guarda che ti costruiscono una centrale davanti casa" e "guarda che se esplode fai la fine dei Giapponesi". Quei "tutti" però si sono dimenticati di dire che sia Chernobyl che Fukushima erano impianti vecchi (quindi poco avanzati tecnologicamente e poco sicuri se paragonati a quelli in progetto), che Fukushima era in fase di dismissione e che il sisma nipponico ha interessanto altre 9 centrali, le quali non hanno dato problemi di sorta. L'unico dubbio poteva essere quello temporale, con le prime centrali pronte tra dieci anni, ma nulla tale da motivare un "No" del genere, soprattutto se consideriamo che abbiamo un bisogno marcio di energia, che abbiamo una trentita di centrali appena oltre il nostro confine (che, se esplodessero, non è che le radioni stanno a guardare il passaporto...) e che le nostre regioni (leggasi: Friuli Venezia Giulia) stanno costruendo in partecipazione centrali all'estero. Della serie "non nel mio giardino", ma ben volentieri in quello altrui.

Ma il vero pomo della discordia, nel mio pensiero, è la possibilità per i privati di entrare nella gestione dell'acqua e degli altri servizi di pubblica utilità. Mi soffermerò solo sul problema-acqua: iniziamo col dire che ci sono dati incontrovertibili che ci dicono che la rete idrica italiana è più simile a un colabrodo che non ad altro. Se ci sono regioni virtuose come la Lombardia, che "spreca" solo il 29% delle acque potabili, la stragrande maggioranza delle Regioni (soprattutto al Sud) spreca più del 70% dell'acqua. A ciò, si aggiunga che lo Stato dovrebbe investire 250 milioni di Euro l'anno per i prossimi quindici anni (soldi che lo Stato non ha) per spese di manutenzione e ammodernamento. Quale modo migliore per ovviare al problema se non permettendo, previa rigida regolamentazione e istituzione di Organi di sorveglianza, ai privati di farsi carico della spesa? Nulla da recriminare sul famoso 7% di remunerazione caricato in bolletta, specie se consideriamo che già oggi una percentuale simile è trattenuta da organi pubblici a titolo di investimento sulla rete (che poi, sarebbe la stessa cosa che dovrebbe fare l'imprenditore privato).
Senza dire che già oggi molte aziende che gestiscono le reti idriche sono in mano a imprenditori privati, per lo più Francesi (in pratica, Lazio e Sicilia sono in mano a società transalpine per quanto riguarda la gestione delle risorse idriche).A dar ancora più fastidio è il comportamento a dir poco trasformista di alcuni politici o presunti tali, come il Presidente della giunta regionale pugliese Nichi Vendola, che trovatosi a dover spiegare perchè era favorevole all'incremento delle bollette pugliesi per spese di investimento e non lo era in sede referendaria ha seraficamente sentenziato "nessuno me lo ha chiesto".
Che differenza fa dare soldi in più a un privato piuttosto che a una società pubblica? Onestamente, ci vedo più vantaggi nella prima opzione che non nella seconda.
Tuttavia, anche qui ha vinto il populismo e la demagogia (che mai come in questi anni di partecipazione a tutti i costi e di campagne messe su da non si sa bene chi sui Social Networks hanno avuto un peso così grande nella vita pubblica), oltre che l'informazione parziaria e arbitraria.

lunedì 18 luglio 2011

5 Film Per L'Estate - La Vendetta

Esattamente come 365 giorni fa (circa), una veloce lista di film da vedere rigorosamente d'estate, per riempire i pomeriggi in cui la vita è spezzata dalla calura o le serate dove non c'è niente da fare visto che tutti i tuoi amici sono in vacanza o tu sei rinchiuso in casa a preparare esami universitari (effetto del cosiddetto "metodo Clausura" che il sottoscritto applica da ormai quattro anni con invidiabile successo). Pronti? Via!

1- Non E' Un'Altra Stupida Commedia Americana

Titolo più lungo del film, esprime bene cos'è questa pellicola se ci togliete il "non" iniziale. Nulla tuttavia da recriminare: divertente, rozzo, banale se vogliamo, con un pò di gnocca che non guasta mai in una teen comedy.









2- Biker Girls

Signori, applausi. Il trash più trash che possiate immaginare lo troverete in questi novanta minuti di fotogrammi impressi su celluloide. Un gruppo di bandite fighe (ma neanche troppo) in abiti succinti fugge al confine del Messico dopo una rapina, arrivando però in un villaggio abitato da cyborg programmati da uno scienziato pazzo per farle fuori. Cosa prentendere di più?
E fidatevi: è il non plus ultra del trash, talmente esclusivo e raro che nemmeno la locandina si trova su internet.



3- 301: La Leggenda Di Maximus Il Fichissimo

Presa in giro contemporanea di Troy, Il Gladiatore, 300 e Alexander, il film ci racconta di Maximus, soldato più avvezzo agli strip club (nell'antica Roma?) che non ai campi di battaglia, sposato con la procace Milfia e intento a conquistare il trono della città. Umorismo becero e volgare, tette di marmo e culi di pietra per un must assoluto.




4- Anno Uno

Il più "educato" del pokerissimo di film che vo proponendo. Si tratta di una simpatica rilettura dei passaggi più famosi del Pentateuco visti dagli occhi di due uomini primitivi. Il tutto con un cast mica male: Jack Black, Michael Cera e la meravigliosa Olivia Wilde.





5- Cyborg

Action movie di serie C anni '80. Protagonista Jean Claude Van Damme, novello Ken il Guerriero che lotta contro una gang di motociclisti criminali in un futuro post-apocalittico. Che poi non si capisce chi sia il cyborg in questione, ma tant'è...

domenica 3 luglio 2011

The Tree Of Life


Scrivere normale recensione per questo film è riduttivo. Lo è per un pò tutti i film di Terrence Malick (che, grazie a questa pellicola, ha vinto la Palma d'Oro al recente festival di Cannes), ma per questo in particolare, perchè The Tree Of Life sta al cinema come la Pietà sta alla scultura: è un capolavoro incredibilmente riuscito e perfetto, un prodotto in grado di ascendere all'empireo della settima arte e, se vogliamo, di dettarne nuovi standard, lontano com'è dagli stilemi delle pellicole contemporanee.

Quella sceneggiata da Malick pare essere la storia di una famiglia della middle-class nordamericana degli anni '50 vista e filtrata attraverso i ricordi del figlio minore, che rielabora tutti gli eventi della sua infanzia, dalla rude freddezza del padre alla grazia e alla leggerezza della madre, fino al trauma della morte del fratello. In realtà i 140 minuti del raccontano una storia molto più ampia ed affascinante: il dramma familiare è solo un prestesto per introdurre la più grande Storia (con la S maiuscola) che si possa immaginare: quella della nascita, della formazione e della fine della Vita, con uno sguardo anche oltre alla sua fine terrena.

Quello proposto da Malick è un viaggio, da prima della vita organica alla fine della vita umana, descritto attraverso immagini di rara e vivida bellezza. Basti ricordare l'emozionante sequenza narrante la nascita dell'Universo, sulle note della Lacrimosa di Zbignew Preisner.

Un viaggio che può essere intepretato in svariati modi, così come ognuno può trovare una chiave di lettura sua personale al senso della vita: The Three Of Life può essere contemporaneamente una critica all'ipocrisia della società occidentale passata e presente, un vademecum riassumente la storia dell'umanità (in quest'ottica emblematiche sono le sequenze sui giochi dei bambini), una analisi sul rapporto tra uomo e Dio, tra finito proprio dell'esistenza organica e l'infinito che trascende tutto, perpetuandosi e modificandosi da un'era all'altra.

Il film ha una forza tale da lasciare quasi disorientati al termine della visione. Tuttavia, a mente fredda, inizia a faris largo l'idea di trovarsi davanti a qualcosa di più che un semplice film: ad un'opera d'Arte, capace di coinvolgere emotivamente e psicologicamente l'utente, di spingere lo spettatore a riflettere, a mettere insieme i taselli del mosaico del film fino a giungere a una visione completa di ciò che il regista ha voluto dire.

Soffermarsi su altri lati del film che non siano la sua sceneggiatura e il messaggio impresso sulla pellicola dal regista pare quasi futile: futile sarebbe elogiare la bellissima fotografia dell'opera, piena di immagini suggestive (memorabili le inquadrature del cielo e il continuo riproporsi dell'acqua), futile sarebbe lodare i montatori, i quali sono riusciti a condensare in poco più di due ore una storia che il regista aveva immaginato in sei, futile porre l'accento sulla colonna sonora, evocativa e misticheggiante.

Futile perchè il film è talmente pieno di significati, perfetto nel racconto ed poetico nello svolgersi da invitare alla contemplazione più che all'analisi.
A mio avviso, Malick, il regista-filosofo per eccellenza, ha di nuovo fatto centro: ha estratto dal cilindro un'Opera mozzafiato per quantità di temi e informazioni e per qualità, due spanne sopra a qualsiasi altra cosa si possa ammirare nei cinema. Forse solo 2001:Odissea Nello Spazio può tenergli testa per portata filosofica e profondità dei concetti.

[10]

sabato 2 luglio 2011

Mass Effect 2


Se c'è un elemento in cui BioWare sovrasta gran parte della concorrenza, quello è senz'ombra di dubbio rappresentato dalla capacità degli artisti e degli sceneggiatori dello studio canadese di costruire storie e mondi così affascinanti e sfaccettati da poter essere difficilmente dimenticati. Era accaduto con Knights Of The Old Republic, era avvenuto con Jade Empire, si è confermato con Mass Effect, quella che possiamo definire la saga fantascientifica più emblematica della corrente generazione videoludica.

Dopo gli ampi consensi raccolti con il primo capitolo, ad esclusivo appannaggio degli utenti PC e 360, di quella che era stata annunciata come una trilogia, Nel gennaio 2010 è comparso sugli scaffali l'atteso sequel, arrivato poi un anno più tardi anche su PlayStation 3. Per inciso, è proprio quest'ultima la versione del gioco utilizzata per questa recensione.

Qualora sorgano perplessità legate al fatto di non aver avuto la possibilità di giocare l'originario Mass Effect, BioWare ha pensato di inserire un fumetto digitale interattivo che fosse in grado di riassumere in modo sufficientemente esaustivo gli avvenimenti più importanti della prima avventura del comandante Shepard. Nulla che possa essere paragonabile alla possibilità di giocare per intero il gioco, sia chiaro, ma, come si suol dire, "sempre meglio di niente". Ad impreziosire ulteriormente la versione PS3 del (presunto?) capolavoro sci-fi sono stati aggiunti tutti i contenuti scaricabili sino ad allora pubblicati, con la sola eslcusione del DLC L'Avvento, i cui avvenimenti fanno da ponte tra Mass Effect 2 e il prossimo venturo terzo capitolo.

Giungendo (finalmente) a parlare del videogioco, Mass Effect 2 si propone come la naturale continuazione delle vicende che i giocatori hanno imparato a conoscere nel primo capitolo, con Shepard impegnato a difendere il nuovo ruolo egemone conquistato nella comunità intergalattica dalla razza umana. Tuttavia, sin dalle battute iniziali si capirà che una nuova e letale minaccia di staglia all'orizzonte: quella dei Collettori, a loro volta guidati dalla sinistra razza dei Razziatori, che paiono voler utilizzare gli umani in una poco chiara evoluzione guidata.

Come già detto nell'incipit, l'atmosfera, la trama e il mondo di Mass Effect sono senza dubbio lodevoli, ma personalmente ho trovato la trama principale alquanto scontata: si tratta, in parole povere, di vagare per la galassia in cerca di uomini (e alieni) sufficientemente preparati per aiutare Shepard a compiere una missione quasi impossibile, motivo per cui il comandante si troverà a collaborare con uno dei suoi storici nemici, l'associazione segreta filoumana "Cerberus". Sempre parlando della main quest, c'è da dire che qualche momento memorabile e qualche colpo di scena è garantito, ma a mio avviso pare che la trama decolli sono nelle battute finali. Peccato veniale e tuttavia perdonabile, considerando che siamo nell'atto "di mezzo" di una trilogia, capitolo che nella stragrande maggioranza dei casi appare il più fiacco. A fare da contraltare, fortunatamente, si trovano tante missioni secondarie e i cosiddetti "incarichi", che si risolvono spesso nel concludere ricerche piuttosto che nel persuadere qualcuno a fare qualcosa.

Il vero problema del gioco, tralasciando l'analisi del comparto tecnico e sonoro che verrà affrontata alla fine, non si trova però nel susseguirsi degli eventi, bensì nel gameplay: contrariamente a quanto si dice, Mass Effect 2 ha più dello sparatutto in terza persona che non del gioco di ruolo.

A corroborare la tesi sostenuta, interviene una linearità dei livelli da fare invidia ai famigerati corridoi di Final Fantasy XIII e la preponderante importanza data alle sparatorie, tanto che è possibile aprirsi la via verso il finale anche facendo affidamento sul solo piombo, trascurando pressochè totalmente la crescita del proprio alter ego. A coronare il tutto, c'è anche la scomparsa della barra degli heath points, sostituita da un sistema di recupero automatico dell'energia vitale pressochè identico a quello che è inserito in un qualsiasi gioco d'azione. "Certo", interverranno i sostenitori, "ma abbiamo comunque una parte ruolistica importante". Importante è un'esagerazione, visto che la possibilità di customizzare l'avatar permane, ma è stata fortemente rimaneggiata e ridotta all'osso. In fin dei conti, la parte ruolistica più marcata consiste nella possibilità di costruire dialoghi scegliendo tra varie opzioni e di poter seguire differenti linee narrative. A mio avviso, troppo poco per parlare di RPG: se aggiungessero queste feature in un Gears Of War non staremmo certo a parlare del prodotto Epic come di un gioco di ruolo (fatte ovviamente le debite proporzioni)

Ad aggravare la cosa, ci si mette una certa qual ripetitività di fondo: il 90% delle situazioni si risolveranno in sparatorie da dietro delle coperture (il più delle volte non distruttibili), sebbene una maggior varietà di situazioni non avrebbe fatto altro che giovare all'impianto di gioco. E il gioco in effetti fornisce molte occasioni per introdurre elementi "di rottura", basti pensare a possibili missioni stealth o investigative, che appaiono sporadicamente nel corso delle ore di gioco.

Riguardo alla longevità del titolo, c'è veramente poco di cui lamentarsi: per completare la quest principale ci vorrano dalle venticinque alle trenta ore, a cui vanno aggiunti gli extra, come il lancio di sonde sui pianeti, le missioni secondarie e gli eventi contenuti nei DLC.

Parlando dell'aspetto tecnico, c'è anche qui poco da segnalare,ad eccezione di qualche raro rallentamento nelle fasi di gioco più concitate e alcuni pop-up durante i dialoghi e le scene filmate. Il motore grafico pare comunque di pregevole fattura. Ottimo anche l'accompagnamento musicale, costituito da componimenti sempre epici e d'ampio respiro.

Ultimo appunto sulla componente artistica: Mass Effect 2 non può che ammaliare sotto questo aspetto. Alcuni scorci sono altamente evocativi e la calda palette cromatica scelta dagli artisti BioWare conferisce ancora maggior fascino alle stazioni spaziali e ai pianeti che si potranno visitare.

In conclusione, parlando di questo prodotto non si può notare una certa "bifrontalità" del gioco: Se si dovesse decidere di giocarci per esplorare fin negli angoli più remoti l'Universo creato da Bioware, per incontrare personaggi carismatici e, in definitiva, per vivere quella che può essere considerata una delle più belle esperienze digitali mai prodotte, non si potrebbe far altro che spronare chiunque a salire a bordo della Normandy. Se, in caso diverso, si preferisse giudicarlo dal punto di vista eminentemente ludico, bisognerebbe tenere in considerazione il fatto che, a conti fatti, ci si trova davanti a un TPS con ibridazioni RPG che non dinanzi al contrario. inoltre, di un TPS nemmeno al passo con la concorrenza nel campo.

Non si può guardare a Mass Effect 2 se non come un ibrido, a tratti meravigliosamente coinvolgente e suadente quando si tratta di apprezzarne la componente artistica e narrativa, a tratti insipido come un pesce del lago della Cittadella pad alla mano. Certo, non si può certo stroncare un gioco per il solo fatto di essere uno shooter, ma se consideriamo che è stato proposto come un Gioco di Ruolo, qualche dubbio è lecito avanzarlo. Fallout 3, Dragon Age Origins, The Elder Scrolls sono GDR duri e puri, Mass Effect no.

L'Opera Bioware prende elementi e idee un pò dai classici RPG occidentali e in parte dallo sparatutto in terza persona, e non sempre il risultato è gradevole. Ad esempio, una IA poco sviluppata (quale è quella dei nemici di Mass Effect) è comprensibile in un gioco che non fa dello scontro a fuoco la sua ragion d'essere, molto meno in caso contrario, così come posso apprezzare un accenno di elementi ruolistici in un gioco d'azione, ma da un gioco di ruolo pretendo il massimo sotto questo aspetto.

[8,5]