
Scrivere normale recensione per questo film è riduttivo. Lo è per un pò tutti i film di Terrence Malick (che, grazie a questa pellicola, ha vinto la Palma d'Oro al recente festival di Cannes), ma per questo in particolare, perchè The Tree Of Life sta al cinema come la Pietà sta alla scultura: è un capolavoro incredibilmente riuscito e perfetto, un prodotto in grado di ascendere all'empireo della settima arte e, se vogliamo, di dettarne nuovi standard, lontano com'è dagli stilemi delle pellicole contemporanee.
Quella sceneggiata da Malick pare essere la storia di una famiglia della middle-class nordamericana degli anni '50 vista e filtrata attraverso i ricordi del figlio minore, che rielabora tutti gli eventi della sua infanzia, dalla rude freddezza del padre alla grazia e alla leggerezza della madre, fino al trauma della morte del fratello. In realtà i 140 minuti del raccontano una storia molto più ampia ed affascinante: il dramma familiare è solo un prestesto per introdurre la più grande Storia (con la S maiuscola) che si possa immaginare: quella della nascita, della formazione e della fine della Vita, con uno sguardo anche oltre alla sua fine terrena.
Quello proposto da Malick è un viaggio, da prima della vita organica alla fine della vita umana, descritto attraverso immagini di rara e vivida bellezza. Basti ricordare l'emozionante sequenza narrante la nascita dell'Universo, sulle note della Lacrimosa di Zbignew Preisner.
Un viaggio che può essere intepretato in svariati modi, così come ognuno può trovare una chiave di lettura sua personale al senso della vita: The Three Of Life può essere contemporaneamente una critica all'ipocrisia della società occidentale passata e presente, un vademecum riassumente la storia dell'umanità (in quest'ottica emblematiche sono le sequenze sui giochi dei bambini), una analisi sul rapporto tra uomo e Dio, tra finito proprio dell'esistenza organica e l'infinito che trascende tutto, perpetuandosi e modificandosi da un'era all'altra.
Il film ha una forza tale da lasciare quasi disorientati al termine della visione. Tuttavia, a mente fredda, inizia a faris largo l'idea di trovarsi davanti a qualcosa di più che un semplice film: ad un'opera d'Arte, capace di coinvolgere emotivamente e psicologicamente l'utente, di spingere lo spettatore a riflettere, a mettere insieme i taselli del mosaico del film fino a giungere a una visione completa di ciò che il regista ha voluto dire.
Soffermarsi su altri lati del film che non siano la sua sceneggiatura e il messaggio impresso sulla pellicola dal regista pare quasi futile: futile sarebbe elogiare la bellissima fotografia dell'opera, piena di immagini suggestive (memorabili le inquadrature del cielo e il continuo riproporsi dell'acqua), futile sarebbe lodare i montatori, i quali sono riusciti a condensare in poco più di due ore una storia che il regista aveva immaginato in sei, futile porre l'accento sulla colonna sonora, evocativa e misticheggiante.
Futile perchè il film è talmente pieno di significati, perfetto nel racconto ed poetico nello svolgersi da invitare alla contemplazione più che all'analisi.
A mio avviso, Malick, il regista-filosofo per eccellenza, ha di nuovo fatto centro: ha estratto dal cilindro un'Opera mozzafiato per quantità di temi e informazioni e per qualità, due spanne sopra a qualsiasi altra cosa si possa ammirare nei cinema. Forse solo 2001:Odissea Nello Spazio può tenergli testa per portata filosofica e profondità dei concetti.
[10]
Infine sei riuscito a vederlo questo dannatissimo, bellissimo film. Io, me tapino, ancora no, d' altronde non mi ha mai neanche solleticato l' anticamera del cervello che potessero portarlo dalle mie parti. Attendo quindi rassegnato uno streaming decente, un download, qualcosa.
RispondiElimina