sabato 3 settembre 2011

Dead Space


Non ci siamo.

Dead Space è il videogioco che dai più è visto come l'unico vero esponente del survival horror in questa generazione di macchine da gioco. Se mi è permesso, se questo è il massimo che il divertimento elettronico sa offrire in termini di horror, nulla di meglio da fare che rispolverare le vecchie console e dedicarsi a perle come Eternal Darkness, Silent Hill o Resident Evil 2. Ma andiamo con ordine.

Nel gioco l'utente vestirà i panni di Isaac Clarke, ingegnere minerario spedito su una mastodontica nave spaziale, la USG Ishimura, dove si stanno verificando fatti piuttosto inconsueti dopo il recupero di un particolare minerale. E per "fatti piuttosto inconsueti" ci si riferisce alla morte della stragrande maggioranza dell'equipaggio e alla comparsa dei cosiddetti "necromorfi", nemici assetati di sangue che faranno di tutto pur di pasteggiare con le carni del buon Isaac.

Al di là della trama che prende il meglio di tutta la produzione letteraria e cinematografica fantascientifica degli ultimi cinquant'anni (chiari i riferimenti a prodotti come Solaris, Alien, 2001 Odissea Nello Spazio e chissà quanti altri) che sa essere piuttosto intrigante, grazie soprattutto al sistema degli audiolog sparsi per i corridoi della nave, che di volta in volta smascherano sempre più particolari e retroscena, i veri problemi del gioco stanno nella sua anima, quella videoludica, e nell'atmosfera che si respira.

Partendo da questo ultimo punto, è necessario specificare che, nel giocare un horror, l'utente voglia aver paura ed essere divorato dall'ansia, temendo costantemente un attacco nemico o semplicemente trovandosi in soggezione psicologia dovuta alle musiche, alle scelte cromatiche e quant'altro. Questa sensazione in Dead Space dura più o meno per i primi due capitoli, salvo poi farsi largo nell'animo del videogiocatore una sensazione di "già visto" veramente difficile da digerire per un prodotto che fa dell'immedesimazione la sua ragion d'essere. Oltre a ciò, c'è da dire che, concretamente, le dinamiche che dovrebbero generare paura sono sempre uguali a sè stesse: camminate in spazi bui, mormorii sinistri in sottofondo e -BUM!- il nemico che ti salta addosso. Come detto, può funzionare per tre ore, non per dodici. Tutto troppo telefonato, in fin dei conti.

Questo senso di "sicura aspettazione" incide poi di spiovente sulle caratteristiche tecniche del prodotto, di per sè elogiabili. In questo quadro, il comparto sonoro è quello che ne risente di più: che senso ha avere una musica inquietante ed effetti sonori da Oscar se poi sai già che preludono a un attacco nemico?

Parlando poi della parte prettamente ludica, non si può far altro che farsi cascare le braccia, davanti a una tal pochezza (che circa nessun recensore professionista al mondo ha fatto notare): il tutto si risolve in una camminata per i corridoi della Ishimura dal punto A al punto B, eventualmente schiacciando qualche bottone in giro per le stanze, uccidendo chiunque si pari dinanzi ad Isaac. Scordatevi gli enigmi di Resident Evil o l'esplorazione di un Super Metroid, questo è tutto ciò che Dead Space ha da offrire. Se poi ci aggiungiamo che di munizioni ce ne sono sempre a sufficienza (anche grazie al particolare sistema di combattimento, che sprona l'utente a colpire gli arti dei mostri per renderli inermi, anzichè mirare al cuore o alla testa) si può constatare come l'esperienza di Dead Space, nonostante un buon avvio, sia in definitiva frustrante, ripetitiva e malinconicamente lacunosa.

Io veramente non mi spiego tutto il clamore per un gioco del genere. Ci sono giochi con dieci-quindici anni sul groppone che lo surclassano più o meno in qualsiasi punto eccetto quello tecnico.

In definitiva, per me Dead Space è una delle più grosse delusioni non solo della gen, ma della mia vita da videogiocatore. un prodotto palesemente mediocre tuttavia portato in trionfo come se si trattasse di una pietra miliare del genere.
Sufficienza risicata per quanto mi riguarda, e raggiunta non per meriti ludici ma per meriti puramente tecnici.

[6,0]

Il Maestro E Margherita



Opera tra le più conosciute ed apprezzata di Michail Bulgakov, Il Maestro e Margherita narra le vicende del Professor Woland, avatar umano di Satana, mentre viaggia per Mosca, tra spettacoli teatrali e Gran Sabba dal sapore quasi trash. Al contempo, Bulgakov fa una rilettura molto originale della morte di Gesù Cristo (e non mi sorprenderei se scoprissi che Saramago per il suo Caino abbia preso come fonte di ispirazione proprio "l'opera nell'opera" del letterato russo) facendo un confronto tra la Gerusalemme di Ponzio Pilato e la Mosca staliniana veramente affascinante. inoltre, se posso essere schietto, la parte dedicata alla Passione di Cristo vale ben più del resto del romanzo.

La trama di base, seppur semplice ed esile, si prospetta di ampio respiro, in grado di dare ampia libertà all'autore, nei suoi intendi satirici e critici nei confronti della società sovietica. Il problema a mio avviso è che Bulgakov abusi fin troppo di questa ampiezza d'azione, fino ad arrivare a scrivere un libro in parte sconclusionato, dove sembra che l'autore si prodighi di più nello stupire il lettore con immagini cruente, colpi di scena inaspettati e donne nude sparse in ogni dove anziché tenere saldamente le redini del racconto e far emergere in modo più chiaro e schietto il messaggio di fondo. Il che non è detto sia male, il problema è che quella offerta da Il Maestro e Margherita è una lettura monotona (favorita anche da una stile di scrittura fin troppo "conservatore"), dove si rimane apatici dinanzi anche alle "scene" più bizzarre o sconvolgenti.

Per quanto mi riguarda, nonostante l'indubbia importanza culturale del libro, di tutto si può parlare fuorché di capolavoro. Ed è un peccato, se solo l'autore avesse dato maggiore chiarezza al tutto e non si fosse perso tra,come già detto, una decapitazione e l'altra, avrei sicuramente apprezzato di più lo scritto.

[7,0]