sabato 25 aprile 2009

I Gendarmi della Memoria

La storiella sulla morte del Duce la conosciamo tutti: Ci viene tramandato che fu trovato su un camion travestito da Nazista, riconosciuto dal partigiano Bill e fucilato, per poi essere esposto a Milano in Piazzale Loreto. Crudeltà ed efferatezza, certo, ma piuttosto "diretta e senza ulteriori umiliazioni", ci raccontano i gendarmi della memoria.
La verità è che la morte di Mussolini conserva ancora molte zone d'ombra, ma è interessante quest'estratto di un'intervista radiofonica ad un medico legale che, all'epoca poco più che ventenne, ebbe l'occasione di assistere all'autopsia dei cadaveri di Mussolini e della Petacci.

Giornalista: “Così Lei avrebbe assistito all’autopsia di Benito Mussolini e di Claretta Petacci?”
Medico legale: “Certamente, e posso affermare con certezza che la morte dei due non è avvenuta così… come l’hanno raccontata per tutti questi anni”…
Giornalista: ” No? Quindi Lei afferma che la morte non sarebbe avvenuta per fucilazione?”
Medico legale: “Non solo la morte non è avvenuta “principalmente” per fucilazione, ma anche il luogo dove sono stati giustiziati non è Piazzale Loreto! A Piazzale Loreto sono giunti cadaveri”…
Giornalista: “Che a Piazzale Loreto siano giunti cadaveri è ormai risaputo, ma la morte come sarebbe avvenuta?”
Medico legale: “Secondo alcuni testimoni attendibili, Mussolini e la Petacci furono sorpresi di notte dai partigiani in un casale nei pressi di Giulino di Mezzegra, più precisamente nella frazione di Bonzanigo, al casale De Maria. In seguito vennero picchiati, seviziati, malmenati, infine soffocati. Dopo la morte, e solo dopo la morte, furono inferti loro dei colpi di pistola”…
Giornalista: “Ma come si giunse a questa conclusione?”
Medico legale: "Premetto che Mussolini e la Petacci al momento del decesso erano nudi, in quanto le ferite provocate sulla pelle nuda sono ben diverse da quelle provocate su dei corpi con degli abiti, e questo lo può confermare qualunque medico legale. Poi, si aggiunse la vasta zona di ematoma alla base del collo di entrambi, La Petacci presentava ferite ano-vaginali; si pensò che le fu introdotto negli orifizi un bastone o un manico di scopa così violentemente da provocarle emorragie interne gravissime. All’interno della zona vaginale e anale, furono trovate tracce di liquido seminale, facendo presupporre che si trattò di uno stupro di gruppo. Il Duce, a sua volta, non fu risparmiato, infatti, prima che fosse ucciso, fu sottoposto a un vero e proprio supplizio in quanto anch’egli violentato e seviziato con l’ausilio di un bastone. Poi, presumibilmente quando era ancora vivo, fu coperto di urina”.
Giornalista: “Ma come mai è così sicuro di quello che dice?”
Medico legale: “Del fatto che erano nudi al momento del decesso non vi sono dubbi. Come le ho già detto, le ferite su un corpo nudo sono riconoscibili e poi i fori dei proiettili sui corpi non corrispondevano ai fori dei proiettili sui vestiti. Infine, anche perchè era risaputo il fatto che Mussolini avesse la gamba sinistra più corta dell’altra, ma negli stivali, al momento dell’esame autoptico, non c’era il rialzo di 2 cm che lui usava abitualmente… oltre al fatto che gli stivali non erano della sua misura. Riguardo alle cause di morte per soffocamento non ci sono dubbi: fu quella la causa, anche se furono determinanti le numerose emorragie interne causate dalle sevizie”.

Questo per dire che la storia che conosciamo non è del tutto conforme alla reatà dei fatti.
Quello della prima metà del XX secolo è un periodo della storia d'Italia molto manipolato e certamente lontano dalla realtà dei fatti.
Inoltre, dai due post di oggi, pare chiaro quale fosse il reale atteggiamento dei partigiani: prendersi onori a loro non tributabili e attuare un piano ideologico volto alla consegna dell'Italia ad un'altra dittatura, molto più sanguinaria del fascismo ma di cui si sa -o si vuol far conoscere per meglio dire- ancora poco.

venticinquequattroquarantacinque

Sarò schietto: Quella di oggi è una delle feste che più mi infastidiscono e meno mi entusiasmano. Non per motivi di "fede politica" personale (se, nel caso della politica, di fede si può parlare), ma per tutta la costruzione ideologica che ha dato i natali al festeggiamento di questa data. Il 25 aprile è una festa ad uso e consumo di una determinata fazione politica, quella stessa fazione che si è proclamata come custode assoluta e creatrice della verità storica (dopotutto, si sa, la storia la -ri-scrivono i vincitori).

Se fosse una vera commemorazione della liberazione dell'Italia dalle forze tedesche, quindi una Festa Nazionale, non gli si dovrebbero dare significati politici (cosa puntualmente smentita dai fatti e dalle manifestazioni che imperverseranno per le piazze italiane nella data di oggi); Tutt'altro, si dovrebbe giungere ad ammettere ognuno le sue colpe al fine di dare vita a una vera memoria condivisa non imposta. Ma passiamo oltre.

Una delle cose che mi danno più fastidio è il fatto che venga dato onore ai partigiani come se fossero eroi nazionali che da soli hanno liberato la Nazione. Ci sono due particolari taciuti che fanno riflettere: il primo è che i soldati tedeschi sono fuggiti davanti all'avanzata delle truppe alleate anglo-americane, e i partigiani hanno al limite svolto un ruolo di supporto (dare tutto il merito ai partigiani sarebbe come dire che i successi di una squadra di calcio dipendano dal solo terzino sinistro); il secondo è che i partigiani tutto erano fuorchè gli uomini animati dal sentimento di libertà ed eroismo che la Storia ci ha insegnato a conoscere. Per esplicare la cosa, riporto dei passi tratti da un altro blog inerente ad un classico esempio dello spessore politico e morale dei partigiani "liberatori":

Con la locuzione di origine giornalistica triangolo della morte si indica un’area del nord Italia ove, dopo la liberazione nell’aprile 1945, si registrò un numero particolarmente elevato di uccisioni a sfondo politico, attribuite a partigiani e a militanti comunisti, ragion per cui è stata introdotta anche l’espressione triangolo rosso ad indicare la medesima zona. L’espressione viene spesso utilizzata in modo polemico al fine di sottolineare gli eccidi e le violenze compiuti dalla fine della seconda guerra mondiale al triennio 1946-1948.
Secondo il giornalista Giampaolo Pansa in origine l’espressione servì per indicare una zona del Modenese corrispondente al triangolo compreso fra Castelfranco Emilia e due sue frazioni, Piumazzo e Manzolino (pp. 347-348). In seguito, l’espressione è stata ripresa per indicare aree di volta in volta più ampie, per esempio il triangolo Bologna-Reggio Emilia-Ferrara, sia dentro che fuori dall’Emilia.
La situazione politica emiliana nel periodo immediatamente precedente e successivo alla Liberazione fu particolarmente violenta. Alla primitiva contrapposizione fra fascisti e antifascisti si aggiunse una forte istanza di modificare i rapporti sociali tra detentori della proprietà fondiaria e i contadini, per lo più legati con contratti di mezzadria. Un particolare aspetto fu la figura dei sacerdoti della Chiesa Cattolica. Da un lato ci sono esperienze come quella di don Zeno Saltini che voleva una chiesa schierata dalla parte dei più deboli, dall’altra i tanti sacerdoti uccisi nello scontro sociale.
[segue una lista delle vittime degli eccidi partigiani, che ometto per accorciare la lettura]
Le indagini nei primi tempi languirono. L’uccisione di religiosi e di laici, esponenti dei partiti aderenti alla Resistenza ma su posizioni moderate, ebbe un consistente influsso nei rapporti tra i partiti che collaboravano nel governo espresso dal CLN. Con l’uscita dei comunisti dal governo De Gasperi ebbe un atteggiamento più fermo, furono inviati rinforzi di polizia , le indagini furono riprese e vari responsabili delle uccisioni furono individuati. Anche se non mancarono clamorosi errori giudiziari come nel caso di Germano Nicolini ed Egidio Baraldi, condannati per gli assassini don Pessina e Mirotti, e riabilitati soltanto alla fine degli anni novanta.
Nel 1947 la collaborazione tra i partiti aderenti al CLN non resse alla prova del dopoguerra. I mutati equilibri internazionali, con la rottura fra potenze occidentali e URSS provocò anche in Italia la fine dei governi di unità nazionale e l’uscita dei comunisti dal governo.
Il fatto per motivi complessi rimase poco conosciuto, ma rimase. Nella primavera del 1990 parenti della vittime scrissero una lettera aperta, chiedendo almeno di sapere dove fossero stati sepolti i loro famigliari per poterli umanamente seppellire. Alcuni mesi dopo, il 29 agosto il dirigente del PCI ex-partigiano ed ex-deputato Otello Montanari rispose con un articolo sul Resto del Carlino in cui dopo aver duramente condannato quelle violenze, invitò a parlare i vecchi ex-partigiani. Ne ebbe gravi difficoltà nel partito, all’interno del quale fu aspramente contestato venne inoltre escluso dal Comitato Provinciale dell’ANPI, dalla Presidenza dell’Istituto Cervi e dalla Commissione regionale di controllo. L’invito ebbe in risposta una croce piantata nel comune di Campagnola, e ivi furono trovati i resti di alcune persone trucidate, vittime della guerra interna al CLN.
[...] Qui la guerra partigiana si prolungò nel tempo, ben oltre il 25 aprile del 1945 (data della fine della guerra), disseminando di migliaia di cadaveri le campagne. E qui venne coniato il termine «triangolo della morte», con cui all’inizio si intese definire il territorio tra i Comuni modenesi di Manzolino, Castelfranco e Piumazzo; più tardi esso si allargò progressivamente anche alle province di Reggio Emilia, Bologna e Ferrara.
Nel «triangolo della morte» si verificarono, fino al settembre 1946, efferati omicidi ascrivibili a bande di partigiani, prevalentemente di area comunista. Non si trattò, quindi, di caduti in guerra, ma di esecuzioni sommarie e di rappresaglie personali senza processo. La maggior parte delle vittime aveva poco o nulla a che fare con la politica: spesso il loro crimine, agli occhi dei partigiani, era quello di incarnare l’ideale cattolico che si opponeva alla realizzazione del loro sogno comunista. E tante di quelle morti sono rimaste tuttora sconosciute all’opinione pubblica. [...] L’elenco delle vittime del «triangolo della morte» emiliano (diverse migliaia, forse addirittura tra le 12.000 e le 15.000, secondo le ricerche più recenti) dimostra che il massacro era politicamente diretto. Nulla avvenne per caso, ma fu affidato ad una regia di base e di vertice mossa da intenti precisi. Vi era il progetto, cioè, di eliminare in primo luogo i sacerdoti, gli industriali e i cosiddetti «nemici di classe» dei comunisti. Scrive lo storico e saggista Massimo Caprara (già segretario di Palmiro Togliatti) in un illuminante articolo pubblicato sulla rivista Il Timone (n° 39, gennaio 2005): «A capo delle liste furono collocati i religiosi. Valga il caso cruento del sacerdote don Umberto Pessina, parroco di S. Martino di Correggio, ucciso il 18 giugno 1946. L’ex deputato comunista e comandante di un distaccamento partigiano, Giannetto Magnanini, ha rivelato in un libro recente che il delitto, allora rimasto oscuro, fu opera precisamente della ronda comandata dal dirigente provinciale comunista di Reggio Emilia. Il Partito Comunista non solo fu diretto esecutore ma anche paradossale accusatore, provocando la condanna di falsi colpevoli nelle persone di Germano Nicolini, Elio Ferretti e Antonio Prodi, innocenti. Don Pessina aveva tentato di difendersi: fu colpito nel corso della colluttazione e impietosamente finito».
Oltre all’incredibile cifra di novantadue religiosi (sacerdoti e seminaristi) uccisi per mano dei partigiani comunisti nella sola Emilia Romagna, va rammentato che pagarono un tributo di sangue anche numerosissimi laici. [...] Altro settore preso di mira: quello dei dirigenti e proprietari d’industria. [...] Furono colpiti, insomma, soprattutto sacerdoti e industriali, obiettivi esemplari dell’ideologia classista marxista. Anche don Dario Zanini, anziano parroco di Sasso Marconi (BO), nonché autore di un volume coraggioso quale Marzabotto e dintorni, si dice convinto che «l’ostilità verso la Chiesa c’entrava molto nei delitti commessi dopo la guerra, molto più che in quelli commessi durante il conflitto. Da noi, dopo il 25 aprile, esplose una faziosità incredibile, che aveva l’obiettivo di scardinare gli elementi religiosi, le associazioni cattoliche. Ad alto livello nel Pci c’era un vero e proprio progetto ideologico. C’è stata per esempio una capillare organizzazione per far riparare all’estero i responsabili dei delitti, in Jugoslavia o a Praga. La Resistenza da noi fu la preparazione per la consegna dell’Italia oltrecortina e la regolarità con cui avvenivano gli eventi faceva trapelare l’esistenza di un processo complessivo».
Insomma, per dirla con Paolo Mieli: «Il numero di preti fatti fuori in quegli anni è davvero incredibile. Don Pessina, don Galletti, don Donati e tanti altri: non c’entravano nulla con i fascisti, al massimo avevano benedetto qualche salma di fascista ucciso, forse aiutavano la Dc a raccogliere voti… La verità è che furono uccisi da comunisti e che nessun assassino fu denunciato dal Pci». Pci che, invece, cercò in ogni modo di far cadere un velo su quegli eccidi. «Una mano assolutoria definitiva agli assassini del “triangolo” - conclude Caprara nel suo articolo - venne data dal segretario generale del partito, Togliatti. Lo strumento usato fu quello di un’amnistia generalizzata che finì con il comprendere anche responsabili di delitti della Repubblica di Salò. Essa fu promulgata nel giugno 1946 e venne elaborata con il chiaro intento di seppellire un periodo scomodo per la storia comunista del dopoguerra. Togliatti era allora, dal 21 giugno 1945, membro del governo italiano, guardasigilli e responsabile dell’ordine giudiziario che avrebbe dovuto colpire inesorabilmente le vendette operate dagli ambienti partigiani. Così non fu: avvenne anzi il contrario e… giustizia non è stata fatta».

E questo senza nominare le Foibe, le decine di processi sommari e tentati omicidi che seguirono il 25 aprile '45 (il mio stesso bisnonno fu costretto a scappare dalla sua casa perchè considerato fascista, quando lui era solo un dirigente di una ditta), e le falsità riguardo alla morte del Duce.
Anzi, riguardo a questo argomento, pubblico un altro post tra poco.

mercoledì 22 aprile 2009

Shooting Silvio


Ho visto questo film martedì scorso, dopo averlo registrato su MySky. Come saprete, ora questa pellicola è al centro di una vivace diatriba che vede coinvolti PDL (che ha chiesto a Sky di non replicare sui suoi canali Shooting Silvio in quanto è considerato dalla maggioranza un'opera che incita alla violenza), PD (che -una volta tanto- giustamente insorge) e SKY (che ha seguito i "consigli" della compagine di Governo e ha cancellato tutte le repliche future).
Sinceramente, al sottoscritto interessa marginalmente la polemica, e sul tale argomento mi limiterò a dire che in via generale è uno sbaglio censurare un film, soprattutto nel caso di questo film, alla luce sia delle ridotte platee a cui si rivolge (Sky ha 5 milioni di abbonati, e al botteghino per forza di cose non ha fatto sfracelli) sia della tanto osannata "libertà di parola ed espressione", sebbene la tematica non sia delle più comuni.
Comunque, volevo parlarvi del film dal mio punto di vista, ed è quello che farò.
Uscita nel 2006 (stesso anno dell'altrettanto controverso Il Caimano di Nanni Moretti), l'opera del regista Berardo Carboni è incentrata sulla figura del giovane Kurtz (nome volutamente ispirato al personaggio reso famoso da Marlon Brando in Apocalypse Now), ragazzo anticonformista e cresciuto senza una famiglia che coltiva il sogno di diventare scrittore. Dopo un primo libro autoprodotto e dai risultati non proprio esaltanti, Kurtz decide di radunare degli amici (per la precisione 100) convincendoli a scrivere un "libro corale" intitolato, per l'appunto, Shooting Silvio, un'opera avente come scopo quello di redigere per iscritto cento modi diversi per eliminare ("in tutti i sensi possibili", come si affretta a precisare il protagonista) Silvio Berlusconi, identificato come causa ed emblema di tutti i problemi che affliggono l'Italia e la sua società. Il tentativo di Kurtz però non convince, e allora il giovane decide di percorrere in solitaria l'obiettivo: prima tenta di scriverlo da solo quel libro, ma, giunto ad un punto morto, elabora che continuare a parlare di Berlusconi non possa fare altro che fortificarne la notorietà e il potere, e che quindi è necessaria una soluzione estrema: assassinare il Premier.
La trama, per quanto possa offrire interessanti spunti di riflessione o di feroce critica, a mio avviso non viene sfruttata a dovere: nonostante l'apparizione di Marco Travaglio, l'arringa contro Berlusconi si risolve nei classici stereotipi a cui da tempo le nostre orecchie sono abituate, come l'equazione "Berlusconi=Mussolini", il potere mediatico che si traduce nei deliranti monologhi di
Emilio Fede, nei vecchi spot che venivano trasmessi dalle reti Fininvest e nel famoso "Editto Bulgaro" con cui si allontanarono dalla Rai i vari Luttazzi, Santoro e Biagi, i veri o presunti sotterfugi seguiti da Berlusconi nella sua carriera di imprenditore e politico poi. Null'altro. Nulla di nuovo sul fronte Occidentale. Tesi a volte condivisibili, altre meno.
Molto bello invece lo stile visivo, quasi sempre caratterizzato dall'uso del bianco e nero (per capirne l'uso è importante una delle prime battute del film) tranne che per il finale e dei dettagli durante tutto il film, come il colore del pesce di Kurtz e le immagini notturne delle strade di Roma. A mio avviso, l'aspetto più curato e meglio riuscito del film. Nella norma il sonoro.
Il cast è composto per la quasi totalità da giovani ed esordienti -ma non per questo di basso livello- con alcune chicche come il cameo già menzionato di Travaglio e la presenza di Alessandro Haber.
Per essere una produzione indipendente (ergo con pochi fondi) è tutt'altro che un brutto film, ma esso cade proprio laddove cercava la sua raison d'etre: il lavoro attorno alla figura di Berlusconi. Data l'importanza che essa riveste nella sceneggiatura, sarebbe stato lecito aspettarsi più indagine, più denuncia. Invece nulla, qualche accenno e qualche luogo comune.
Oserei dire che fa quello che non voleva si facesse: fare pubblicità a Silvio (illuminante è in tal caso il dialogo finale tra un Berlusconi sequestrato e mascherato e il giovane Kurtz).


[6,5]

mercoledì 15 aprile 2009

Sciacalli

La notizia del momento, nel bene e nel male, è il tragico terremoto che ha colpito l'Abruzzo. Una serie di scosse d'avvertimento si erano verificate nei mesi scorsi ma, complice la difficoltà di prevedere in modo esatto i terremoti, l'età di alcuni edifici e l'inosservanza di alcune basilari regole edilizie, il bilancio è stato di circa 300 morti e decine di migliaia di sfollati. Inutile scrivere che, come tutti, sono rimasto sconvolto dal disastro e mi unisco al coro di condoglianze e "mi spiace" di questi giorni.

Due -anzi, dopo le ultime ore, tre- le cose che mi hanno maggiormente colpito.

In primis, il tecnico Giampaolo Giuliani, che diceva di aver previsto il sisma e ora, dopo essersi preso una denuncia per procurato allarme, pretende le scuse. Diciamo che il suddetto tecnico sta studiando una nuova tecnica per prevedere i terremoti ed, essendo in fase di studio, questa tecnica non è ancora affidabile. O meglio, non è sufficientemente affidabile per farne ampio ricorso. Tra l'altro, Giuliani aveva previsto l'evento per il 29 marzo. Ebbene, quel giorno l'evento non c'è stato, quindi la denuncia è tutt'altro che ingiustificata.

Seconda, ma solo in ordine temporale, viene la nota comunicazione del Tg1 qui sotto riportata:



Definire questa pletora di dati auditel di pessimo gusto mi pare fin troppo educato. Nei giorni dell'evento venirsene fuori con queste sparate è semplicemente disgustoso. Questo è sciacallaggio mediatico, totale mancanza di tatto e di rispetto nei confronti non solo delle vittime, ma anche di uno stile che non dovrebbe mai mancare per chi fa informazione, soprattutto su reti pubbliche.
Altrettanto sciacalli, per come la vedo io, sono stati alcuni momenti di "Porta a Porta", specie nel momento in cui si entrava nelle tende con evidente malcontento degli occupanti, e di "AnnoZero" (Riguardo alla trasmissione di Santoro non mi dilungo più di tanto, presto parlerò anche di lui in un post stand-alone), nonchè le decine -e decine e decine- di servizi strappalacrime o semplicemente patetici di notiziari come StudioAperto.

Last but not least, arriva l'uscita del Premier Silvio Berlusconi che alla rete tedesca Zdf che, nell'elogiare gli interventi dei soccorritori forse manca di un pò di tatto:



Lasciamo stare la parte del commenti di YouDem -che ripudio- però all'estero già Silvio è la nuova barzelletta italiana. La domanda è: Perchè i canali nazionali -soprattutto quelli "sciacalli" e politicamente orientati, che hanno marciato per settimane sulla battuta inerente all'abbronzatura di Obama- non ne hanno parlato?

martedì 14 aprile 2009

Mi Spiego...

Buongiorno a tutti.
Dopo un post come quello precedente, mi pareva cosa buona scriverne uno esplicativo, non si sa mai che qualcuno legga e pensi che mi sia completamente ammattito.

Questo è il mio secondo blog (terzo se contiamo Myspace...ma chi usa Myspace come blog? io lo usavo solo per chiedere l'amicizia ai personaggi famosi e alle belle ragazze svedesi-norvegesi...). Ho abbandonato -e a breve chiuderò- il vecchio Windows Live Space un pò perchè mi aveva annoiato, un altro pò così, tanto per cambiare aria. Ho mantenuto qualche collegamento, specialmente nel titolo, quello "Stanza 251" che mi piaceva moltissimo, ma saranno presenti anche dei punti di rottura o rinnovamento. Anzitutto, mi prefiggo di scrivere non solo di scemenze (del tipo "video dei gatti pazzi" di YouTube - anzi, se potete cercatelo, morirete dal ridere) , ma di scemeze ED altro, cercando di dire la mia in modo pacato sui temi che mi interessano, parlando dei miei passatempi, di sport, di politica, di cinema - i due temi si uniranno molto presto visto che ho intenzione di parlare del film "Shooting Silvio"-, di sport e altre cose del genere.

Ora il momento "The Best You Know":

Perchè "Stanza 251"? Perchè la stanza d'albergo è un'immagine che mi piace, è di uno in atto e tutti in potenza. That is to say, Questo blog è mio, ma potenzialmente potrebbe essere letto da qualche milione di persone, che potrebbero dire la loro -a patto di conoscere la lingua in cui scrivo. E' una motivazione stupida, ma è così.

Perchè alla "Locanda dell'Inverno" a Shangri-La? L'inverno da l'idea di calma, sovrumana quiete e freddezza. Ma anche del suo opposto: il fuoco del camino, le discussioni, l'atmosfera ovattata avvolta all'interno della tormenta invernale. Shangri-La è una città immaginaria che, secondo scrittori e leggende del luogo, si trova tra le vette più alte dell'Himalaya. Mi ha sempre affascinato, tutto qui.

Forse sto diventando prolissio nello scrivere, ma non sarà sempre così.
Soprattutto, sarò più leggero nei toni, basta con 'ste velleità da scrittore!

Cheers

lunedì 13 aprile 2009

Le chiavi

Ed eccomi, con il fiato grosso e la neve fin dentro alla camicia, arrivato alla "Locanda dell'Inverno" di Shangri-La.
Dopo tanto peregrinare, ho finalmente trovato la città che tutti dicono di conoscere, di cui pochi testimonierebbero l'esistenza, e di cui ancora meno giurano e spergiurano di esserci stati. Pochi e inaffidabili, questi ultimi di solito sono vecchi sherpa dediti oramai al solo alcol. Da quando passano gli europei e gli americani, poi, con tutte quelle varietà di grappe, whiskey e liquori, la situazione non è che peggiorata.
Fatto sta che Io sono qui, che ci crediate o meno.
L'albergatore è un tipo gentile, con i lineamenti asiatici induriti dal freddo e le rughe tagliate letteralmente in faccia dal vento delle vette Himalayane. Mi dice che hanno disponibilità, e io richiedo la stanza più comfortevole possibile.
"Come dice scusi?"
"Più comfortevole, più comoda. Credo che mi tratterrò qui a lungo"
"Allora non posso che darle la 251, è molto grande e accogliente, sa?"
"Vada per la 251".
L'albergatore si gira in cerca delle chiavi, svelando la parte posteriore della sua canuta testa coperta per la quasi totalità da un folto colbacco di yak.
"Posso chiederle il motivo per il quale crede che si tratterrà a lungo? Vuole scalare qualche vetta?"
"No, per nulla. Ho bisogno di un posto tranquillo; è che avevo voglia di cambiare, magari qui mi sentirò più libero nello scrivere"
Il vecchio sembra avere un'illuminazione: "Ah, quindi lei è uno scrittore!".
I suoi entusiasmi però si spensero in un baleno.
"No, scrivo solo per il piacere di farlo, è che là, dove scrivevo abitualmente prima, non mi trovavo più così bene come all'inizio".
"Oh, capisco. Spero comunque che si possa trovare bene nella mia Locanda e, in generale, qui a Shangri-La. Da qui si vede tutto il mondo, quindi potrebbe trovare facilmente ispirazione per il Suo diletto".
"Lo spero vivamente" dissi con un sorriso, e voltandomi salii le scale e percorsi corridoi fino alla stanza assegnatami.
Dopo aver girato la chiave nella toppa, dischiusi lentamente la porta.
La 251 era indubbiamente una bella stanza, paragonabile però ad un blocco di creta, informe e senz'anima.
Un blocco da modellare, plasmare, rendere personale.

"Penso che qui mi troverò bene".