
Caso cinematografico dello scorso anno, vincitore di 4 Golden Globe e 3 Academy Awards, The Social Network racconta la storia della nascita di Facebook, la creatura di Mark Zuckerberg che l'ha reso l'under 25 più ricco al mondo. Ma è tutta farina del sacco di questo (ex) nerd che studiava ad Harvard? Pare proprio di no, visto che un network molto simile (Harvard Connection) era stata proposta a Zuckerberg da altri tre studenti, risarciti profumatamente.
Al di là della storia che narra gli anni della nascita e dell'esplosione del fenomeno di Facebook (ispirati al libro denuncia Miliardari per caso - L'invenzione di Facebook: una storia di soldi, sesso, genio e tradimento) molti sono gli spunti interessanti del film.
Anzitutto, la caratterizzazione a tinte fosche del personaggio principale, Mark Zuckerberg (interpretato magistralmente da Jesse Eisenberg), molto lontano dall'immagine che di lui ci viene offerta da giornali o servizi televisivi. Quello di The Social Network è un programmatore restio al contatto umano, vendicativo, senza scrupoli ma incredibilmente dotato per quello che fa, arma che suo a suo vantaggio. Come si può notare, ben diverso dal nerd generoso e sociale che lo stesso Zuckerberg si sforza di sembrare.
Ammirevole anche lo spaccato della vita universitaria americana che offre il film: Quella di Harvard è una gioventù brulicante di vita e di idee, costantemente in fermento, inserita in un contesto stimolante come il campus della celebre università. Se vogliamo, una comunità che non piace ai membri del CdA, soprattutto quando dicono che al giorno d'oggi i giovani "più che cercare un lavoro preferiscono inventarselo". C'è comunque da riconoscere questa particolare vivacità intellettuale, molto lontana dal nostro stilema di "Università".
Infine, notevole è anche l'analisi condotta da Fincher, attraverso la sceneggiatura di Sorkin -che è considerabile come il vero punto di forza della pellicola, sui rampolli delle famiglie perbene che vivono nel campus, intente più a rispettare il protocollo, l'aparenza e l'etichetta salvo poi farsi "bagnare il naso" dall'ultimo arrivato.
Io consiglierei vivamente la visione del film, nonostante la lentezza della sequenze iniziali possano spingere a dedicarsi ad altro dopo pochi minuti. Rende bene l'idea di cosa siano i "nativi digitali" e delle infinite possibilità che il computer offra oggi in termini di arricchimento (troppo?) facile e di riscatto sociale -non a caso, Zukerberg ha inventato Facebook per ripulirsi dopo lo scandalo FaceMash, con cui violò le reti di sicurezza di Harvard e creò un sito dove mettere a confronto la bellezza delle ragazze di Harvard-. A insaporire il tutto, poi, interviene una parte "legale" inserita perfettamente nel contesto e qualche trovata molto divertente (sebbene non ci veda quel capolavoro "immenso ed ironico" di cui hanno parlato Rolling Stone e il Time).
[9,0]
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