
Nonostante la tormenta e l'impetuoso vento che sferzava i tetti delle case di Shangri-La e che si intrufolava silenzioso e quasi flebile negli infissi della mia finestra muovendo impercettibilmente le tende rosse porpora, riuscii a vedere.
Il panorama era come inesistente: la tempesta di neve aveva ammantato di bianco ogni cosa;
la tempesta di neve potata dal vento rendeva arduo scorgere segno di vita al di fuori degli edifici che costituivano il ristretto borgo in cui mi trovavo. L'unica nota di colore era data dalla luce del sole che in qualche modo, per un motivo inspiegabile alla luce delle mie conoscenze, filtrava tra le nubi e dipingeva un'ombra arancio su Shangri-La.
Eppure lo vidi.
Tra la neve rossastra, accasciato al suolo col volto immerso nella neve, c'era un uomo. Doveva essere venuto da lontano: dietro di lui, si potevano ancora vedere i segni delle sue orme, che la forte neve stava già cancellando.
Dopo un attimo di esitazione, scesi ad informare l'albergatore. In seguito ad una breve discussione sul da farsi, io e i suoi figli uscimmo a recuperare il viandante, oramai quasi coperto da una sottile coltre di neve. rientrati nella locanda, lo collocammo vicino al fuoco, asciugandolo alla bell'e meglio, togliendo gli indumenti non indispensabili e avvolgendolo con delle coperte. Il vecchio albergatore si era prodigato chiamando un medico, ma il tizio sembrava sano.
Nel giro di un paio d'ore, il forestiero si svegliò, quasi di soprassalto, come se fosse stato colpito alle spalle.
"Dove mi trovo? chi siete voi?" domandò con una certa apprensione.
"Sei in una locanda. Ti abbiamo trovato là fuori, steso nella neve e privo di sensi." Risposi io.
La mia risposta, quasi, lo turbò più dell'improvvisa scoperta di trovarsi in una realtà a lui sconosciuta.
"Tu...tu parli la mia lingua?"
"Sì. Anche io sono venuto qui da lontano, dall'Europa. Sono uno straniero come te."
"Cosa ti ha portato in un posto dimenticato da Dio come questo?"
"Affari miei. Diciamo che sentivo il bisogno di un luogo tranquillo. Tu, piuttosto, che ci fai qui?"
"Io me ne sono voluto andare perchè sono inutile" Disse, quasi a voler tagliare corto.
"Come sarebbe a dire, "inutile"?"
Il suo sguardo si fece torvo, come se lo stessi offendedo con quella domanda.
"Che ne vuoi sapere, tu..." in seguito a una breve pausa dovuta alla necessità di sorseggiare dell'acqua, prese a parlare dicendo: "Io una volta ero poeta. Anzi, sono o sarei un poeta. Un tempo cantavo le armi, le virtù e le eroiche gesta dei popoli della Terra. Un tempo cantavo l'amore, l'amicizia e l'unione che li legavano tra di loro. Un tempo cantavo la vita, la bellezza e l'etica. Oggi non ho più nulla da cantare. I tempi cambiano, i popoli anche, la solidarietà muore e l'individualismo cresce forte e rigoglioso. Non esiste più la Vita di un tempo, non vive più la mia esistenza".
Dopo queste parole, bevve dell'altr acqua e chiese al vecchio albergatore se aveva una camera, "necessito di riposo".
Anche io ne avevo bisogno.