
Pianeta Pandora. A.D. 2154.
La Terra è ormai un pianeta morente e gli umani, sempre più avidi di nuove forme di energia per sostenere il continuo sviluppo tecnologico e se stessi, sbarcano su un pianeta gassoso ricchissimo di Unobtanium, minerale da cui la RDA (la società che finanzia la spedizione) vuole trarre guadagno oltre che energia per la sempre più evoluta civiltà terrestre.
Pandora è un pianeta pressochè inesplorato, abitato da decine di animali mai visti e da un popolo, i Na'Vi, che vive ancora in uno stato primitivo, in forte simbiosi con l'ambiente che li circonda.
Gli umani, dal canto loro, sono giunti nel nuovo sistema solare con due squadre: una scientifica, che mira a studiare il pianeta e il suo ecosistema, oltre che di instaurare un dialogo con gli autoctoni, e una militare, comprensibilmente dal grilletto fin troppo facile. Della prima, a seguito della morte del gemello, entra a far parte Jake Sully, paraplegico ex marine chiamato su Pandora per diventare il controllore di un organismo metà umano e metà Na'Vi chiamato "Avatar" sviluppato per il genoma del fratello. La missione degli "Avatar" è quella di entrare in contatto con i nativi, conquistarne la fiducia e al contempo di ottenere informazioni importanti per la missione, al fine di poter sfruttare le immense risorse energetiche del pianeta. Ma qualcosa cambierà nell'animo di Jake, che da infiltrato diventerà sempre più intimamente legato ai Na'Vi e a Eywa, lo spirito che lega il pianeta a tutte le creature che lo abitano, fino a combattere dalla parte degli indigeni nella battaglia finale contro gli umani.
Questa è la trama di Avatar, il nuovo film di James Cameron che in poco meno di un mese pare aver conquistato gli spettatori e la critica di tutto il mondo, come testimoniano i mastodontici incassi e i due Golden Globes vinti dalla pellicola. Ma ci si trova veramente davanti a un capolavoro? Si tratta veramente del preludio di una nuova epoca per il cinema? Quello che trasmettono nelle sale ha al suo interno qualcosa di più oltre che alla pura meraviglia visiva?
Se dovessi essere schietto e chiudere qui il mio intervento, parafrasando Shakespeare, mi limiterei a scrivere "Molto rumore per nulla". Ma siccome mi pare determinate argomentare la mia opinione, procederò a una veloce analisi del film.
Nulla da eccepire per quanto riguada l'ambientazione e la progettazione artistica: Pandora è qualcosa di meravigliosamente inconcepibile, con la sua feroce fauna e l'affascinante flora bioluminescente. Più di una volta durante i 170 minuti del film sarà inevitabile spalancar la bocca davanti alla lussureggiante bellezza del pianeta e dei suoi sinuosi abitanti blu, i Na'Vi, il cui concept è classificabile come una miscela tra Indios e Nativi Americani nella pelle di un felino umanoide, soprattutto per quanto concerne il loro rapporto con la foresta in cui vivono, caratterizzato da una perfetta simbiosi, ne rispetto dell'Energia della "Grande Madre", in un legame simile a quello tardivamente espresso dalla Teoria di Gaia. Il tutto è reso ancor più magnificente dall'uso del 3D, che senza dubbio aumenta il coinvolgimento dello spettatore e contemporaneamente permette di apprezzare in modo ancora maggiore l'incredibile lavoro di artisti, animatori e scenografi. Sotto questo punto di vista, Avatar è senza dubbio un capolavoro curato, appassionato e coinvolgente come visto poche volte prima d'ora. Forse, è dai tempi di Jurassic Park che la tecnologia non dava un apporto così determinante al risultato finale della pellicola.
E ora passiamo ai tasti dolenti...
Sintetizzando al massimo, direi che il leitmotiv dell'ultima fatica di James Cameron è: Tanta tecnica, tanto show, ma poca sostanza. O per meglio dire, la sostanza non manca di certo, ma viene infilata nel film quasi a forza, sviluppata poco e male.
la colonna sonora di James Horner è praticamente non pervenuta, se non per un paio di componimenti veramente di livello (di cui uno, quello che accompagna il primo volo del protagonista a cavallo di un Ikran, veramente emozionante) e per l'orecchiabile brano di Leona "prezzemolo" Lewis. Di contrasto l'accompagnamento sonoro è eccezionale e, in generale, sembra confermare il concetto sovraesposto.
Nulla da eccepire sulla recitazione, buona e convinta da parte di molti attori, anche se i personaggi sono piuttosto stereotipati (ad esclusione della Dottoressa Augustine, interpretata da una cinica e sarcastica Sigourney Weaver, attrice-feticcio di James Cameron).
La vera parte mancante del film è il suo pilastro fondamentale: la trama.
Essa infatti può essere ricondotta alla ennesima declinazione sul tema "nativi-conquistatori" che spesso ha fatto da sfondo nella cinematografia americana. Il problema è che Cameron non aggiunge nulla al tema, litandosi a svolgere per bene il compitino, rappresentando i Na'Vi come un popolo animista pienamente rispettoso dell'ambiente in cui vive e i terrestri come animati da un perverso "fardello dell'uomo bianco" che mira a sfruttare e deturpare tutto ciò con cui viene a contatto. Inoltre, se si esclude la trita retorica ecologista molto alla moda negli ultimi anni, il film non propone nessuna riflessione e nessuno spunto critico. Pare quasi che la trama, invece che essere il motore della vicenda, diventi un pretesto per far vedere quanto avanti sono arrivate le arti visive negli ultimi anni. Il chè, per chi da un film non vuole solo spettacolo ed esplosioni ma anche una storia profonda e strutturata, è una lacuna piuttosto evidente. Eppure, con i mezzi e il team a disposizione, Cameron avrebbe potuto (e, visto la grandissima attesa generata, dovuto) osare di più. Quindi, si può dire che siamo lontani anni luce dalla profondità intellettuale di film come The New World di Terrence Malick, pellicola che, pur trattando gli stessi temi, riesce ad esprimere qualcosa di più che il semplice godimento visivo, soprattutto attraverso una poesia sopraffina che poi va riversarsi anche sulla regia (a tratti inguardabile quella di Cameron) e sulla fotografia. Ecco, in una parola, ciò che più manca ad Avatar: la poesia.
Concludendo, credo di aver spiegato cosa intendessi con la citazione shakesperiana di cui sopra: Avatar è un capolavoro solo a metà (per di più nella parte meno intellettuale), sicuramente capace di settare nuovi standard tecnologici ma privo di un carattere capace di farlo ricordare per qualcosa che non sia il fragore delle cascate o la lucente pelle blu dei nativi. Come tutti i precedenti film del coneasta canadese, è sì bello, ma senz'anima: tanta apparenza e poca essenza. Nulla in grado di spingere il cinema in aree inesplorate, se non, come già ribadito, in campo tecnico. Per questo, il voto non può che essere una media tra il 10 della forma e il 4 della sostanza.

[7,0]
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