
"Cantami, o Diva, del Pelìde Achille
l'ira funesta che infiniti addusse
lutti agli Achei, molte anzi tempo all'Orco
generose travolse alme d'eroi,
e di cani e d'augelli orrido pasto
lor salme abbandonò (così di Giove
l'alto consiglio s'adempìa), da quando
primamente disgiunse aspra contesa
il re de' prodi Atride e il divo Achille."
Così recitano i primi versi dell'Iliade, opera omerica che sonda il lato più sinistro e primitivo dell'animo umano, quello della lotta, della guerra, dell'assassinio, della vendetta.
C'è molto (con le dovute proporzioni) di tutto ciò in Kill Bill Volume 1, film di Quentin Tarantino datato 2003. C'è qualcosa di profondamente inconscio nella sanguinosa rabbia vendicativa che anima la Sposa, c'è qualcosa di catartico in quella pioggia di sangue e arti amputati, c'è qualcosa di molto selvaggio e al contempo eroico in questo film.
Prima parte della più grande e ambiziosa opera del cineasta italoamericano, il film racconta la prima cruenta metà della vendetta della Sposa, ridotta in fin di vita il giorno del suo matrimonio, evento in cui crede di aver anche perso la bimba che portava in grembo, e che risvegliatasi improvvisamente dopo quattro anni di coma decide di punire con la morte coloro che le hanno tolto tutto. Questi "coloro" sono la "Squadra delle Vipere Mortali", composta da quattro feroci criminali e da Bill, il mandante dell'eccidio. La prima metà dell'opera si concentrerà sulla morte di Vernita Green e O-Ren Ishii, la prima ex killer texana e la seconda boss della Yakuza di Tokyo.
Dal punto di vista visivo, il primo volume di Kill Bill è un grandioso omaggio al cinema orientale reso famoso da pellicole come Battle Royale piuttosto che L'urlo di Chen Terrorizza Anche l'Occidente, anche se non mancano palesi richiami ai B-movies splatter anni '80 di autori come Fulci e Russ Meyer (dice niente la "Pussy Wagon"?). Essendo un omaggio al cinema wuxia made in Hong Kong e al trash più emoglobinico, è normale che l'accento sia posto sulla fase di combattimento e sulla sanguinosità della lotta. Sotto questo punto di vista, Volume 1 è una pellicola irriprovevole: ritmo altissimo, spettacolarità, epicità, furia omicida non mancano mai, nemmeno nelle sequenze meno concitate. Il tutto, con una regia impeccabile e una fotografia che non manca di colpire lo spettatore e di regalare momenti visivamente stupendi e ispiratissimi, come il duello finale nel giardino innevato.
Apprezzabilissimo (nell'ottica dell'omaggio al cinema orientale) è la sequenza animata dedicata all'infanzia di O-Ren prodotta da IG Production, nome che ai più non dirà nulla, ma in realtà si tratta di uno degli studi d'animazione più talentuosi e acclamati del Giappone. Vista la bellezza e la drammatica solennità del frammento, è quasi un peccato che non si sia pensato a un film animato completamente dedicato a O-Ren Ishii.
Non manca nemmeno una buona dose di empatia tra La Sposa e lo spettatore. Fatto particolare, il legame si instaurerà in meno di cinque minuti e senza bisogno di battute, solo con la struggente mimica facciale di Uma Thurman, qui veramente nel momento topico della carriera che, mi duol dirlo, da Kill Bill in poi sarà sempre un lento declino.
Com'è ovvio che sia, il personaggio della Sposa e la sua interprete spiccano inequivocabilmente sul resto del cast, che comunque regala qualche buona prova d'attore e dei personaggi carismatici e ammalianti, come la disturbata Gogo o Hattori Hanzo, interpretato da Sonny Chiba, un vero artigiano costruttore di Katane.
A distanza di anni, mi domando ancora come sia possibile che abbiano vinto l'Oscar donne come Sandra Bullock e Halle Berry per interpretazioni piuttosto piatte (specie la Bullock) e alla Thurman non sia stata riconosciuta nemmeno una nomination, che si sarebbe meritata in particolar modo per il Volume 2. Ma si sa, quella dei premi non è scienza esatta, non si spiegherebbero altrimenti le sei statuette di The Hurt Locker.
Altra caratteristica che conferisce personalità al film è la colonna sonora, che da sola varrebbe il prezzo del biglietto. Si va da "Bang Bang" di Nancy Sinatra a "Flower Of Carnage" di Meiko Kaji, passando per brani di Santa Esmeralda, Tomoyasu Hotei (l'adrenalinica "Battle Without Honor and Humanity") e a brani delle 5,6,7,8's formazione pop giapponese. Bellissimo il notar come ogni canzone sia perfettamente inserita nel contesto del film, quasi a sembrar appositamente scritte per quella scena, caratteristica che Tarantino usa con maestria, al pari del collega Cameron Crowe.
Certo, la recensione non sarebbe completa se non si accennasse alla mania tarantiniana di citare e omaggiare continuamente film e registi di nicchia, elemento abusatissimo in Volume 1, tanto che alcuni critici hanno accusato Tarantino di plagio e scarsa inventiva. Personalmente, non ho provato particolar disturbo nel vedere omaggiati, di volta in volta, Arancia Meccanica, L'ultimo Combattimento di Chen, Cinque Dita di Violenza, Il Mercenario, Paura Nella Città Dei Morti Viventi e un'altra pletora di film sconosciuti al grande pubblico, anzi, lo vedo come una possibiltà di rendere noti i maestri che hanno ispirato e formato uno dei più originali e meno convenzionali registi degli ultimi decenni quale è Tarantino.
Detto questo, non posso far altro che dire: guardatelo, lottate fianco a fianco con la letale sposa e godetevi la rabbia omicida che la anima.
[9,5]
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