venerdì 20 maggio 2011

I Giorni Del Cielo


Data l'uscita imminente de L'Albero Della Vita, il nuovo film di Terrence Malick, ho pensato di offrire in pochi giorni la mia opinione sulla sua filmografia (non che sia un'impresa titanica, essendo composta da quattro film, escluso l'ultimo in uscita). Partiamo da quel I Giorni Del Cielo che rappresenta la seconda prova da regista dell'ex professore di filosofia, vincitore di un Oscar alla miglior fotografia, di due David di Donatello e del Premio alla Regia del Festival di Cannes nel 1978.

Ambientato agli inizi del Novecento nelle sterminate coltivazioni di cereali del Texas, i Giorni del Cielo racconta la storia di due innamorati, Bill e Abby, i quali, insieme alla sorella di lei, la piccola Linda che è anche la voce narrante del film, lasciano una Chicago sempre più industrializzata e cupa per cercare un nuovo inizio nella terra dei cowboys. Ma gli eventi non si dipanano secondo i loro piani: il lavoro nei campi, pur permettendo loro di vivere più liberamente, è massacrante, e il proprietario della tenuta in cui lavorano si innamora di Abby e la sposa. La relazione tra i due giovani fidanzati però continuerà in segreto, fino al momento in cui tutto crolla: un'invasione di locuste distrugge i campi e i futuri raccolti, Bill viene ucciso e la famiglia si sfalda. Non importa che vi abbia scritto il finale (di per sè non eclatante), perchè i film di Malick offrono molto altro rispetto alla trama, e cercherò di spiegarlo successivamente.

Le opere di Malick in linea di massima vertono si tematiche semplici e storie altrettanto semplici, ma sviluppate e narrate con una grande sensibilità e con attenzione più alle persone che non agli eventi. Ecco quindi che I Giorni Del Cielo non è più sono una storia d'amore, ma diventa lo specchio di una vita (quella agreste) che rappresenta forse la forma di esistenza più vera e vicina all'animo umano, lontana com'è dai movimenti meccanici dell'industria e dalle oppressive atmosfere cittadine di inizio secolo. Quello proposto dal cineasta statunitense è un mondo a metà tra il vero e l'Arcadico, veritiero ma al contempo fantastico, in cui la natura (e i sentimenti umani, verrebbe da aggiungere) emergono in tutta la loro ambiguità e contradditorietà: emblematica è, in tal senso, la continua riproposizione dell'immagine di un falò, segno sia di vivacità (spesso i personaggi la sera ballano attorno al fuoco) che di morte.

La forza del film inoltre emerge non solo dalla rappresentazione di un mondo come quello sopra descritto, che vuole anche essere un messaggio contro la ricchezza distruttrice dell'animo umano, ma anche dalla attenzione del regista per le azioni e le parole pronunciate dai personaggi, mai scontate e in grando di far pensare il fruitore, proponendo ora temi intellettuali, ora palesando lo stato di abbandono e sconforto degli abitanti di un mondo che non permette illusioni.

A rendere ancora più affascinante il mondo proposto concorrono una colonna sonora a tratti ispiratissima scritta da Ennio Morricone (che tuttavia presenta qualche componimento sottotono) e una fotografia veramente sublime, specie nelle sezioni girate poco prima del tramonto, con il cielo azzurro che va perdendosi del rosso dell'imbrunire, sequenze che hanno reso famoso questo film. Da notare che le convincenti interpretazioni di due future star agli esordi, Sam Shepard e Richard Gere.

Secondo me, il miglior film che descrive la vita dei contadini di inizio secolo a pari merito con l'intenso L'Albero Degli Zoccoli di Ermanno Olmi. Certo il film non piacerà a tutti, in special modo per i ritmi dilatati, ormai marchio di fabbrica di ogni film di Malick, ma ci si trova davanti a una vera meraviglia della Settima Arte, almeno dal punto di vista visivo.




[8,5]

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