
"Che bel film".
Non c'è espressione più appropriata per intervenire in una discussione su Nuovo Cinema Paradiso, pellicola del 1988 che ha dato lustro e fama internazionale a Giuseppe Tornatore. Perchè è proprio così: il film è leggero e intenso, divertente e commovente, con elementi dosati come solo il cineasta siciliano sa fare.
Ambientata nella siciliana Giancaldo, l'opera racconta la vita di Salvatore, bambino (poi ragazzo, poi adulto) smodatamente appassionato di cinema che, in seguito a un incendio -che rende cieco Alfredo, un grande Philippe Noiret- e alla ricostruzione del vecchio cinema cittadino, diventa proiezionista. Nel corso degli anni, però, Totò capisce che la dimensione isolana gli va stretta e, spronato dall'amico Alfredo, decide di lasciare la Sicilia a migrare a Roma, dove si affermerà come regista cinematografico. Proprio la morte di Alfredo lo fa tornare nella sua terra dopo circa trent'anni, e nel ritorno dovrà fare i conti con la realtà: Giancaldo è cambiata tantissimo, il Nuovo Cinema Paradiso sta per essere demolito, L'età dell'oro che lui aveva mitizzato nei suoi ricordi sta cedendo il passo alla modernità.
Tre sono gli aspetti del film che più mi hanno colpito, nell'ordine:
- Il personaggio del prete che, prima della costruzione del cinema in cui Totò diventerà proiezionista, gestiva il cinematografo comunale applicando una severa censura, facendo rimuovere tutte le scene anche vagamente erotiche (numerosissimi i baci fatti togliere). La figura è emblematica della realtà italiana degli Anni '40, caratterizzata da una società fortemente "religiosizzata", bigotta al limite del paradosso ma attraversata al suo interno da venature passionali e sanguigne.
- La scena finale, che da sola vale il prezzo del biglietto. Sono uno che difficilmente si commuove davanti ad un film, ma in questo caso è impossibile rimanere freddi. Non ci sono parole che descrivano in modo appropriato la magnificenza della scena, bisogna solo vedersela.
- Il fatto che sia un film di Tornatore fino al midollo. Lo si denota sia dall'atmosfera sempre sospesa tra commedia e dramma, dal dualismo passato/modernità in cui il primo si denota come una sorta di Arcadia e il secondo come un periodo decadente e destinato a distruggere la bellezza e la gioia del passato (altro film emblematico in tal senso è La Leggenda Del Pianista Sull'Oceano), sia dal trasporto e dall'espressività della colonna sonora, opera di un grandissimo, Ennio Morricone, e del figlio, Andrea.
Altro elemento portante (ma fuori dalla mia personalissima top 3) è l'amore per il cinema e per quanto esso rappresenta nell'immaginario comune: una fabbrica di sogni, di emozioni, di vita. Il tutto rafforzato da spezzoni di film tratti da capolavori come Umberto D, Bellissima, I Vitelloni e via andante.
Tre sole parole: non fatevelo scappare.
[9,5]
Forse uno dei pochi film che sia riuscito a farmi piangere.
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