
Nella Bibbia, Caino è descritto come un essere abietto e meschino, colui che arrivò ad uccidere il fratello, invidioso del fatto che Dio apprezzasse i doni e i sacrifici di Abele.
Ma se Caino non fosse come lo tratteggia Mosè nel Pentateuco, è il vero meschino fosse Dio?
Questa è la domanda che deve essersi posto Josè Saramago per arrivare a scrivere Caino, libro del 2003 che, diciassette anni dopo Il Vangelo Secondo Gesù Cristo, vede il Nobel portoghese confrontarsi ancora con la Bibbia e Dio, in modo sempre polemico, ironico, intelligente ma a tratti di cattivo gusto.
Il Libro ripercorre tutte le fasi più importanti della storia della Genesi, dalla creazione di Adamo ed Eva sino al Diluvio, eventi che Caino ha potuto vivere in virtù di un patto con Dio, e che porteranno nel finale a un grosso "paradosso temporale" che non mancherà di stupire il lettore. Tuttavia, non è tanto la cronologia degli eventi il punto forte del libro, ma il loro significato: In tutti gli episodi narrati (la distruzione di Sodoma e Gomorra, la Torre di Babele o il sacrificio di Abraamo, giusto per citarne alcuni) Saramago ci presente un Dio ben lontano dai valori con cui le religioni del ceppo giudaico-cristiane lo hanno circonfuso. Quello di Saramago è un Dio malvagio, tronfio, orgoglioso e insensibile che, come un bambino, pretende che tutto sia fatto secondo suo volere, pena la dannazione. L'autore (ateo in seguito alla scomunica) critica fortemente questo aspetto, e anzi rimarca come gli Dei abbiano dei doveri nei confronti delle loro creature, doveri che immancabilmente vengono disattesi.
Altro pregio dell'Opera consiste nello spessore del personaggio di Caino: se Dio è rivisto in chiave critica e peggiorativa, il secondogenito di Adamo invece è fortemente rivalutato e avvicinato, per visione del mondo e modi di fare, a un uomo moderno, scevro dalle superstizioni e dalle credenze religiose, e che valuta l'operato di Dio alla luce non degli imperscrutabili (e a volte criptici ed illogici) disegni del Signore, ma alla luce della morale e dell'etica umana. Oltretutto, è chiaro anche l'intento di Saramago di giustificare la morte di Abele, in quanto a più riprese Caino è solito affermare "io ho ucciso mio fratello solo perchè non mi era possibile uccidere Dio". Inoltre -piccola parentesi di gossip- Caino è un grandioso Tombeur de femmes, il chè "movimenta" alquanto la lettura.
In chiusura, devo dire di non aver (mio malgrado)apprezzato moltissimo il libro. Non per la chiave di lettura del personaggio di Caino o di Dio -interessantissima e a tratti condivisibile-, quanto per la cruda schiettezza con cui Saramago verga determinati passaggi del libro. Credo che vedere insultato Dio, anche attraverso vere e proprie bestemmie (molto eleganti invero, ma sempre di bestemmie si tratta), possa dare fastidioo tanto ai credenti quanto ai non credenti.
La cosa bella del libro è un'altra: ossia spinge il lettore a farsi domande come E' veramente questa la vera natura di Dio? Esiste un modo per cui le vicende umane siano conciliabili con quelle di Dio senza ricorrere ad astratte spiegazioni? Ognuno tragga le proprie conclusioni.
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