![]() |
"Put your weapon down, now!" |
Console costruite con componentistica scandente, prezzi esorbitanti, videogiochi prodotti con lo stampino, stampa specializzata ridotta a reclame commerciale.
Fortuna che, nonostante tutto, c'è chi ha ancora voglia di sperimentare, di rischiare, di offrire qualcosa di diverso rispetto alla concorrenza. A volte si fa bingo, a volte si fallisce, a volte tutti e due i casi. Quest'ultimo è il caso di L.A. Noire, uno dei giochi più chiacchierati e attesi degli ultimi anni e arrivato nei negozi nel maggio del 2011. Il successo di vendite c'è stato, ma ciò non è bastato a salvare lo studio di sviluppo dal fallimento, provocato anche dai contenziosi aperti dai dipendenti, costretti a turni di lavoro massacranti. Al di là di ciò, L.A. Noire, pad alla mano, si mostra come una delle esperienze più belle e coinvolgenti mai nate in ambito videoludico, ricca di atmosfera e fascino, seppur con qualche difetto in grado di non farlo digerire a tutto il pubblico.
Nel gioco l'utente impersona Cole Phelps, reduce di guerra e poliziotto losangelino, nel corso della sua carriera, partendo dai distretti e dai casi meno prestigiosi fino alla narcotici, alla omicidi e alla incendi dolosi. Ovviamente i casi non saranno tutti slegati tra essi: sullo sfondo si agitano alcuni dei gangster più famosi dell'epoca e i loro traffici, oltre che un caso mai risolto inerente al furto di grosse quantità di morfina dalle scorte dell'esercito.
Oltre ai casi propriamente detti (alcuni veramente capolavorici e citazionistici, come il caso Nicholson Electroplanting e La Città Nuda), Cole potrà destreggiarsi in altre attività, come la possibilità di sedare crimini girovagando per la mappa, la raccolta di distintivi e di pellicole di celluloide.
Purtroppo - e qui sta l'unico vero neo del prodotto del Team Bondi- i crimini della strada sono tutti molto simili tra loro (in pratica, si insegue o si insegue e si spara), e anche i casi di polizia seguono sempre lo stesso schema consistente nel raccogliere prove, analizzare la scena del crimine, interrogare i sospettati. Onestamente il sottoscritto, da amante del noir, non si è mai annoiato nel fare ciò (e il gioco dura tra le venti e le venticinque ore) ma molti hanno notato monotonia in queste meccaniche.
La cosa su cui tutti concordano, però, è la tecnologia di rilevazione facciale usata per la prima volta nel gioco: Mai prima di L.A.Noire si avevano avuti "attori" digitali così variegati nelle espressioni facciali e così determinanti ai fini del gameplay (per inciso, i tic e le espressioni del volto sono importantissimi ai fini degli interrogatori). Buona anche la realizzazione tecnica generale, sebbene molti si lamentino della "vuotezza" della Los Angeles anni '40 del gioco (dimenticando però che il free roaming non è il fulcro dell'esperienza, ma tant'è).
Splendida la colonna sonora, ottima la sceneggiatura (c'è solo un buco narrativo, lacuna inspiegabile, dato che a colmarla sarebbe bastato un filmato di 5 minuti), grande recitazione e tante, tantissime citazioni, in primis alla realtà dei tempi, oltre che a romanzi di autori come James Ellroy e John Fante. Tanti e ricercati anche gli omaggi a capolavori del cinema come Chinatown o Intolerance (e anche un simpatico easter egg "dedicato" a Brokeback Mountain).
Cosa chiedere di più?
Io non chiedevo nulla di più, tanto che L.A.Noire è uno dei giochi da preferiti non solo di questa generazione, ma di sempre. Altri invece ne rilevano una monotonia di fondo e una serie di difetti di gameplay. Il mio consiglio è comunque quello di fregarvene e giocarci. Vivrete una delle esperienze più belle che un videogioco possa offrirvi.
[9,0]