domenica 9 gennaio 2011

Una caduta di stile inaspettata

Per dirla più profana, il nostro Presidente della Repubblica non ha centrato la tazza.

Da qualche giorno sono iniziate le celebrazioni per il centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia e Giorgio Napolitano sta presenziando e tenendo conferenze un pò dovunque. Giusto ieri, mentre si trovava a Ravenna, il PdR se ne esce con una frase che mi ha lasciato alquanto spiazzato, a maggior ragione detta da un uomo che, da quanto riveste il ruolo di Garante della Costituzione, non aveva mai parlato a sproposito. In poche parole, il Presidente si è augurato che anche il Nord (rappresentato nel discorso da città come di Milano, Venezia e Verona) "abbiano coscienza di come divennero italiane".

Chiaro il riferimento alla Lega Nord che spinge per il federalismo. Ma c'è un "Ma".

Doverosa Premessa: ritengo possibile che la mia polemica sia vuota e inutile, ma ciò non toglie che l'ex Senatore a vita abbia fatto una gaffe, e lo dico da italiano.

Dicendo ciò che ha detto, Napolitano ha dimenticato che, se l'Italia oggi è uno stato unitario, lo si deve essenzialmente al nord e a città come Torino, Bergamo, che dice circa 800 delle 1031 Camice Rosse garibaldine, e Milano, le cui Cinque Giornate furono determinanti nel convincere il Regno di Sardegna a guerreggiare per l'indipendenza.

Parlando in quella maniera, inoltre, sembra quasi voglia suggerire che il Sud sia concorde e felice dell'Unità. Cosa palesemente falsa, basti vedere le correnti revisioniste e separatiste che ultimamente hanno molto seguito in Sardegna (Michela Murgia, anyone?) e nella Campania. Mica sono nati oggi gli indipendentisti sardi o i vari partelli secessionisti.

Dal punto di vista letterario, Pino Aprile e il suo Terroni sono un caso emblematico: Un libro in cui si punta il dito contro la conquista piemontese e sulle (presunte) responsabilità della classe dirigente dell'epoca sulle attuali condizioni del Mezzogiorno. Ovviamente, si critica trascurando i più urgenti e impellenti problemi dell'allora neonato Stato e sul "perchè" si sia attuata una piemontesizzazione e non una italianizzazione.

Oltretutto, il volgo pare convinto che il crollo del Regno di Napoli sia stato un dramma per il Sud, visto che i Savoia "gli hanno rubato i soldi" e che "erano uno dei Regni più moderni d'Europa". Vero, se crediamo alle favole.

Il Regno di Napoli era il regno più arretrato e corrotto d'Italia (purtroppo, le cose non è che siano cambiate poi di molto in un secolo e mezzo), con una popolazione il più delle volte ridotta alla fame. Avranno avuto un bel pacco di soldi, ma erano nelle mani dei Borboni e dei potentati, non certo del popolino; se mi è permessa una battuta, o la situazione stava così, o già all'epoca gli amministratori campani non si distinguevano per capacità di gestione economica ed efficienza.
Tra l'altro, la storia ci racconta che negli ultimi giorni di quel Regno Ferdinando IV, stretto dai Garibaldini a Sud e dall'avanta piemontese a Nord, strinse accordi con la camorra per tentare di fronteggiare i nemici, dato che l'esercito (che, standop ai revisionisti, doveva amare tantissimo la Patria, prosperosa e magnanima) s'era ammutinato. Viva la modernità.

Riassumendo, il buon Napolitano, secondo me, poteva evitare la sua uscita. Certo qualcuno potrebbe pensare che la mia sia una polemica senza senso, ma stamattina mi andava di fare la Susan Okin della situazione. La verità forse è che l'Italia non sarà mai veramente unita, divisa com'è da campanilismi secolari.

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